CASO RACITI: quale verità a distanza di dieci anni dalla morte dell’ispettore?

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Filippo Raciti

Sono trascorsi dieci anni esatti da quel 2 febbraio 2007. Derby vinto sul campo dai rosanero per 2-1 ma che viene ricordato soprattutto per la morte dell’ispettore Filippo Raciti. Ancora oggi restano i dubbi su quei drammatici fatti nonostante la giustizia abbia sentenziato la condanna di Antonino Speziale, giovane allora minorenne condannato per omicidio preterintenzionale.

Speziale avrebbe utilizzato un sottolavello “a mò di ariete”, per colpire l’ispettore al corpo, provocandogli lo spappolamento del fegato. Aiutato da un altro giovane che di anni ne aveva 23: Filippo Micale. Speziale e Micale per la morte di Filippo Raciti sono stati condannati rispettivamente a 9 e 11 anni di reclusione. Ma la verità giudiziaria e quella storica è davvero coincidente?

Salvatore Lazzaro, un collega di Raciti che la sera del 2 febbraio prestava servizio insieme all’ispettore presso lo stadio, due giorni dopo la morte dichiarò di essersi messo alla guida di un fuoristrada della Polizia (modello Discovery) e, nel corso degli incidenti scoppiati fuori, di aver fatto una retromarcia, aver sentito “una botta” e visto Raciti “portarsi le mani alla testa” per poi essere soccorso e trasportato in ospedale. Dai referti medici si è poi saputo che Raciti sarebbe morto due ore più tardi l’arrivo in ospedale.

L’avvocato di Speziale, Giuseppe Lipera, al contrario della Procura si è sempre detto convinto che l’ispettore sia rimasto vittima di un caso di “fuoco amico”: investito proprio dal fuoristrada guidato da Lazzaro. Tra l’altro gli investigatori, in particolare i carabinieri del RIS di Parma, nella perizia richiesta dal GIP Alessandra Chierego, dopo aver riprodotto in laboratorio e per diverse volte la dinamica del trauma, arrivarono a pronunciarsi “con maggiore probabilità” per “l’inidoneità” del sottolavello come l’arma del delitto. Se dunque non è stato con il sottolavello, come sarebbe morto Filippo Raciti?

Come raccontano gli atti processuali, non esiste una prova reale che stabilisca oltre ogni ragionevole dubbio che Antonino Speziale sia stato in effetti l’assassino di Filippo Raciti: a parte le dichiarazioni di Speziale stesso che ha ammesso di aver partecipato agli scontri (negando tuttavia di aver ucciso l’ispettore) non c’è una testimonianza, né una fotografia in grado di dimostrare con esattezza che sia stato proprio il diciassettenne tifoso del Catania ad uccidere Raciti.

Successivamente la derubricazione del reato passò da omicidio volontario a preterintenzionale. Tra le proteste vane dei difensori degli imputati che invece avrebbero voluto l’archivazione. Nel corso del processo, a sorpresa, si registrò la parziale ritrattazione in aula dell’autista del Discovery Salvatore Lazzaro, il quale disse che Raciti non si trovava alla “sua sinistra”  ma “dolorante a dieci metri di distanza”. Aggiungendo di non aver sentito “una botta” ma “un boato” . Versione che ha convinto i giudici a dare ragione alla Procura e, quindi, confermare che l’assassino fu proprio Antonino Speziale in collaborazione con Daniele Micale. Ma ancora oggi i dubbi permangono sulla drammatica vicenda.