LO MONACO: “Io giocatore, tecnico e dirigente. Tifo, come Catania solo Napoli e Torino. Play Off una lotteria. 70 milioni di plusvalenza in rossoazzurro, obiettivo Serie A”

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Pietro Lo Monaco

Nei prossimi giorni Catania in campo per la disputa dei Play Off. L’Amministratore Delegato Pietro Lo Monaco ne parla attraverso le pagine di TuttoSport, soffermandosi anche sulla propria carriera, le importanti plusvalenze registrate in rossoazzurro, il calore dei tifosi etnei ed altro ancora:

“La speranza è di ottenere il massimo, però non dimentichiamo che il doppio salto all’indietro del Catania, dalla serie A alla Lega Pro, è ancora fresco. Quando sono tornato qui la situazione era preoccupante, ma la nostra crescita è stata evidente: la scorsa stagione siamo approdati ai playoff, in questa ci arriviamo da secondi e con il miglior attacco della Lega Pro. Purtroppo la concorrenza nel nostro gruppo era spietata, tra un Trapani che voleva riguadagnare immediatamente la B e un Lecce che dal 2012 puntava a centrare l’obiettivo. Adesso siamo dentro a questa che definisco una autentica lotteria, ripeto che vogliamo giocarci ogni residua possibilità di promozione».

“Abbiamo una media di 20 mila spettatori. In C nessuno ha i nostri numeri, ma anche in B ci superano appena cinque club mentre in A abbiamo venduto più biglietti di quanti non ne abbiano staccati la Spal, il Crotone o il Chievo. Dovete capire che qui conta la famiglia, Sant’Agata e poi viene il Catania. Il calore con cui viene seguita la squadra ha pochi eguali, come i catanesi vedo soltanto i napoletani e i torinesi, ma quelli granata. Basta poco, per accendere la piazza, ma questo poco va fatto nel migliore dei modi”.

“Quale la dimensione giusta del Catania? La serie A. Non so se la raggiungeremo in due, tre anni o quanto tempo servirà, ma il Catania deve giocare nel principale campionato italiano. Quello che con il sottoscritto dirigente è già stato frequentato per 8 stagioni consecutive. Il mio motto è: costruire. Sono nel calcio da tanti anni, ho frequentato la C2 come la C1, la serie B e la A e pure la serie D, da calciatore. Ho vinto 9 campionati in differenti categorie anche grazie a un’esperienza completa, nel mondo del calcio. Sono stato un giocatore dotato, ma un po’ perché non ho trovato le guide giuste, un po’ perché non sono riuscito a raggiungere la completa maturità, non sono approdato ad alti livelli. Poi ho intrapreso il percorso da tecnico, e ho rifiutato proposte da squadre che puntavano a vincere il campionato perché per me allenare vuol dire modellare una squadra a partire da un pezzo di legno”.

“Suddette annate mi sono tornate molto utili, al momento di diventare dirigente: ds prima, quindi dg e infine amministratore delegato. So cosa passa nella testa di un giocatore come di un allenatore, figura che all’interno di una squadra va supportata con convinzione. L’unica cosa che mi manca, per tirare le fila, è la verifica in una società di primo piano. Ci sono andato vicino in più occasioni, ma non è mai successo. Rimpianti comunque non ne ho, perché ripeto che dovunque sono andato ho costruito. A Catania abbiamo dato vita a un centro sportivo tra i più belli in Italia. Non oso immaginare cosa potrei realizzare, con budget importanti”.

“La trattativa più soddisfacente? La cessione di Vargas alla Fiorentina di Corvino. L’agente del peruviano voleva andare a scadenza, io li ho convocati in sede e in un modo o nell’altro li ho convinti ad andare subito a Firenze. Anche il passaggio di Martinez alla Juve, come quello di Maxi Lopez al Milan, mi hanno dato una certa soddisfazione. Nel periodo d’oro di Catania abbiamo realizzato 70 milioni di plusvalenza, tanti, per la dimensione del club”.

“Negli ultimi anni è cambiato molto. lo specchio dei tempi è la cessione di Iturbe dal Verona alla Roma per 32 milioni di euro. Oramai tutto è esagerato e degenerato. Il calcio è sempre più in mano agli agenti e la colpa è dei ds che hanno permesso che questo accadesse. L’85 percento delle risorse di un club va ai giocatori e questo non va bene. In Germania, ad esempio, la cifra scende al 50. Oggi mi piace come opera l’Atalanta: si muove con intelligenza, comprando a poco e rivendendo a tanto”.

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