ESCLUSIVA – Gregori: “Catania, da giovanissimo mi hai fatto vivere il grande calcio di A. Poche partite ma tanti ricordi. Questa piazza non può stare in C”

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La redazione di TuttoCalcioCatania.com ha avuto il piacere di contattare telefonicamente Massimo Gregori, ex difensore del Catania negli anni ’80. Poche apparizioni in rossoazzurro nella nefasta stagione 1983-84, ma ricordi comunque significativi dell’esperienza alle pendici dell’Etna. Ha anche militato tra le fila della Paganese, prossima avversaria degli etnei, ma si trattò di una toccata e fuga.

Massimo, cosa mi dici innanzitutto dei tuoi trascorsi con la maglia del Catania? 
“Fu Gianni Di Marzio a volermi portare in Sicilia, trovai una rosa composta da giocatori di una certa età come Ranieri, Mastropasqua, Ciampoli, Sorrentino, Mosti, Cantarutti. Avevo 18 anni, provenivo dalla Primavera della Roma con cui vinsi il torneo di Viareggio. Liedholm mi portò in panchina ma fu con il Catania che esordì in Serie A. Le aspettative erano inizialmente diverse con gli arrivi di Pedrinho e Luvanor. In realtà era una buona squadra da B, ma per la A serviva altro confrontandoti con gente come Zico e squadroni. Era una rosa un pò attempata per la categoria. Luvanor e Pedrinho, poi, erano due solisti. Non ancora pronti per giocare nella Serie A italiana e, a mio avviso, neanche all’altezza degli altri stranieri. L’ossatura del Catania era quella dell’anno precedente con tutti i fedelissimi di Di Marzio. Non partimmo male, ma anche gli arbitri ci penalizzarono. Inoltre abbiamo giocato parecchie partite a Palermo perchè il Cibali era squalificato, a seguito di un’invasione di campo contro il Milan. E’ stata un’annata storta. Mandarono via mister Di Marzio ed arrivò Giovan Battista Fabbri che stravedeva per me e mi fece giocare le successive partite”.

Non fu una stagione esaltante, eppure di Catania conservi un ricordo speciale…
“Ho lasciato un pezzo di cuore. Il Catania è la squadra che mi ha fatto giocare in Serie A, rappresenta anche il ricordo della mia prima esperienza professionistica. Una bella città, come Roma. Aci Castello, Aci Trezza, Lungomare, Via Etnea, Corso Italia… giravo spesso questi luoghi. Abitavo ad Aci Trezza, bellissimo posto. Poi c’era il padrone di casa, una grandissima persona. Purtroppo ho giocato poco ma ero un ragazzino. Mi trovai benissimo alle pendici dell’Etna. La gente mi riempiva anche di regali”.

Hai giocato una decina di partite, quali ti sono rimaste impresse nella mente?
“Contro la Lazio vincevamo 1-0 con gol di Carnevale. I biancocelesti sarebbero retrocessi con noi in caso di sconfitta. Poi c’era una rivalità sportiva notevole, anche a livello di tifoserie. Quel giorno ce la mettemmo tutta anche se già retrocessi. Laudrup, D’Amico, Manfredonia s’insultavano tra di loro. Nel finale Pairetto gli regalò un rigore scandaloso, la partita fu sospesa per ben venti minuti e giocavamo a Palermo, avendo il Cibali squalificato. Altro match che non dimentico è l’esordio in Serie A. Avevo una paura… andammo una settimana in ritiro a Rapallo in vista dello scontro diretto per la salvezza col Genoa in trasferta. Nell’ascensore, era martedì, mister Di Marzio disse che mi avrebbe fatto giocare al posto di Luvanor. Le mie gambe tremavano. Vidi Marassi pieno. Ho giocato anche contro Juventus, Roma, a Napoli. Bei ricordi”.

Come mai, al termine della stagione, andasti via?
“La società mi riscattò a fine stagione in B con Mimmo Renna alla guida del Catania, andai in ritiro ma il mister non mi vide tanto bene. Io non volli più fare panchina, allora decisi di trasferirmi alla Cavese dove feci un grande campionato in C, giocai anche nella Nazionale di categoria. Poi Fabbri, lo stesso allenatore che mi fece giocare le ultime partite col Catania, mi volle a Catanzaro dove, tuttavia, non mi trovai bene”.

Nella tua carriera si registra anche una parentesi con la Paganese…
“A Pagani era un discorso più che altro di cartellino. All’epoca non c’era la legge Bosman quindi ero proprietario della società, il Catanzaro. Avevo una causa con il club giallorosso, a seguito di un problema di parametro potevo solamente andare a giocare nei Dilettanti per riscattare il cartellino e tornare tra i professionisti. Così stetti fermo sei mesi, poi terminai l’anno a Pagani, dove fui di passaggio, e l’anno dopo con il mio cartellino andai a Perugia”.

E di Angelo Massimino, quali ricordi conservi?
“Massimino era un personaggio. Di pallone non capiva niente, però si fidava molto dei collaboratori, scambiava sempre battute con i calciatori. E poi si fidava dei tifosi, aveva un rapporto speciale con loro. Era figlio di un calcio diverso, un altro mondo. Per prendere lo stipendio al Cibali in sede si faceva la fila e dovevi tirare le pietre alla finestra per farti aprire (ride, ndr). Altri tempi”.

Di anni ne sono trascorsi, oggi il calcio italiano come lo vedi?
“Non si capisce più niente. La Lega Pro è finita nel dimenticatoio. Una volta era un serbatoio per le categorie superiori. All’epoca la C valeva la B dal punto di vista tecnico. Ora c’è chi gioca in qualsiasi giorno della settimana. C’è ancora chi aspetta il ripescaggio. E’ un bordello. Il Catania, peraltro, era sicuro di essere ripescato. Come fa a stare in Lega Pro una piazza come Catania? E’ un peccato mortale. Almeno dovrebbe stare tra Serie B ed A, se in massima categoria ci sono piazze come Chievo ed Empoli. Ricordo che nello spogliatoio i giocatori parlavano sempre dei 40mila dell’Olimpico, vedevo i filmati. Quello comunque era un altro calcio. Più vero, autentico. Adesso non c’è più una lira, in Lega Pro si muore di fame. I soldi a quei livelli sono finiti”.

A proposito di Serie C in crisi, cosa ne pensi di questo tour de force che dovrà sostenere il Catania?
“Il campionato è falsato. Se vedo la classifica non è veritiera. Come fai ad arrivare a novembre con l’Entella e la Viterbese ferme? E’ pesante giocare di continuo. Farlo ogni due-tre giorni è complicato da gestire. Soprattutto in Lega Pro, anche per un discorso di preparazione. Però il Catania ha una rosa attrezzata e sarà sicuramente tra le pretendenti alla vittoria del campionato”.

Sulla carta non dovrebbe esserci partita con la Paganese, ma fa bene il Catania a non fidarsi degli azzurrostellati?
“Io li ho vinti i campionati in C. Ho giocato in piazze di blasone come Perugia, Sambenedetto del Tronto, Catanzaro. Squadre con trascorsi importanti come lo è il Catania. Ma il blasone non ti fa vincere le partite. E’ più facile salvarti in B che vincere un campionato di C. Però secondo me è solo questione di tempo per il ritorno del Catania in categorie più consone alla tradizione. Non c’è niente di scontato o semplice nel calcio. Può anche capitare che perdi con l’ultima della classe. Poi dipende come s’incanala la partita, se si mette male dall’inizio comincia ad essere difficile. I campi della Campania sono sempre tosti dal punto di vista ambientale. Loro punteranno forte su questo aspetto, fuori casa invece la Paganese dovrebbero essere una squadra più abbordabile. Però sono sicuro del valore del Catania e della rabbia che ha detto dentro di sè dopo il mancato ripescaggio. Ha una squadra di categoria superiore, l’importante è che tutti riescano a calarsi nella realtà evitando di prendere sotto gamba qualsiasi partita”.

Chiusura finale con un messaggio da rivolgere ai tifosi del Catania?
“Faccio un grosso in bocca al lupo perchè Catania è una città che merita altri palcoscenici, auguro al più presto ai suoi splendidi tifosi di tornare nelle categorie che meritano”.

Si ringrazia Massimo Gregori per la gentile concessione dell’intervista.

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