ESCLUSIVA – A. Del Grosso: “Non sono favorevole al ritorno di Lucarelli. Il Catania non è tagliato fuori, la Reggina perderà terreno. Quello screzio con Toshack…”

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Nei primi anni del 2000 ha indossato la casacca del Catania in Serie B, ai tempi della famiglia Gaucci. L’ex terzino Alessandro Del Grosso, che ha giocato anche in altre piazze importanti come Napoli, Bari e Salerno, ha concesso un’intervista ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com analizzando le cause che hanno portato all’esonero di Camplone, la scelta di richiamare Lucarelli e le vicende del girone C di Serie C:

Cosa pensi dell’esonero di Camplone avvenuto all’inizio della scorsa settimana?
“Camplone è di Pescara, io vivo a Pescara e conosco lui come Onesti e Tacchi che, peraltro, hanno fatto parte dello staff tecnico del Catania in questi mesi. Mi dispiace per loro, ho seguito un pò le vicende. Dispiace perchè quando c’è un cambio in panchina vuol dire che la società prova a dare uno scossone e input diversi. Purtroppo, quando le cose non vanno per il meglio, il primo metodo a disposizione della dirigenza è optare per il cambio di allenatore. Non so cosa non sia funzionato con Camplone. Un allenatore trasmette la propria mentalità, poi dipende dalla disponibilità dei giocatori che, per andare in una piazza come Catania, devono avere gli attributi onde evitare figuracce”.

Cosa cambia con il passaggio dal 4-3-3 di Camplone al 3-5-2 di Lucarelli?
“Con Lucarelli è un 3-5-2 molto chiuso per le ripartenze, chiude tutte le giocate cercando gli inserimenti degli esterni – terzini puri nel caso del Catania – che poi devono mettere palloni per i due attaccanti. I movimenti in campo dipendono sempre dai giocatori, da come vanno in marcatura e prendono l’avversario. Cambia il modo in cui vai a proteggere la porta e devi essere bravo a fare l’uno contro uno. Ecco, l’uno contro uno i difensori del Catania lo hanno spesso sofferto. Con il 3-5-2 un aiuto in più sarà dato dal quinto nel chiudere le giocate”. 

Che idea ti sei fatto del Catania visto contro il Bari?
“Fondamentalmente si sono chiusi e secondo me, avendo giocato nella piazza di Catania, non è la soluzione migliore questa. L’input che ha dato Lucarelli è sicuramente diverso. Prima il Catania attaccava con più uomini, adesso lo fa in pochi. E’ un gioco che da una parte ti evita di subire qualche gol ma, poi, chi segna? Se giochi per non prenderle o per il pareggio, prima o poi la rete rischi di prenderla. Quando questo succede, spesso poi la forza per reagire non la trovi. Nel calcio bisogna osare, altrimenti è difficile. Il calcio è sicurezza e tranquillità ma anche spettacolo”.

Non mi sembri favorevole alla decisione di riportare in Sicilia Lucarelli…
“Mi sarei aspettato, con tutto il rispetto per Lucarelli che ha fatto bene, una figura tecnica differente. Più che altro per il tipo di gioco pensato da Camplone in estate. Adesso è una situazione diametralmente opposta. No, non mi aspettavo il ritorno di Lucarelli. Conosce l’ambiente, ma andiamo a monte. Ha perso i Play Off non attraverso la strada del gioco, cercando di portare via un risultato risicato ma gli spareggi promozione sono sempre un terno al lotto. Alla lunga una squadra che osa e lo fa con personalità, ha la meglio. Il calcio di Lucarelli è fatto prevalentemente di ripartenze. Pensavo ad un allenatore diverso, potrei citare un Delio Rossi. Senza cambiare l’impostazione tattica di base della squadra”.

Catania che era partito bene ad Avellino, poi si è sgonfiato. Come te lo spieghi?
“Partenza forte, poi c’è stato questo crollo generale. Quando perdi, scattano tante cose perchè i tifosi si aspettano di proseguire verso una certa direzione. Poi, dopo i primi stop o le prime gare non giocate bene, cambia l’umore della piazza. Aumentano i mugugni e subentrano tante cose, devi essere bravo a ribaltare subito la situazione cercando di tenere sempre alto il livello di rendimento dei calciatori”.

Adesso sono 11 i punti di distacco dalla vetta, addio primo posto?
“Adesso diventa difficile per gli stessi giocatori. A sprazzi contro il Bari ho visto palloni buttati, basta che non si perdesse la partita. La priorità era quella di non perdere, mentre il Bari se l’andava a giocare. Prima il Catania arrivava più volte nell’area di rigore avversaria e c’era comunque la ricerca del gioco. A Catania forse Camplone andava aspettato. E’ partito molto forte e allora si aspettavano qualcosa di diverso, ma ci può stare che una squadra abbia un calo. Certo, il 5-0 di Vibo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso ed è anche normale che, visti gli umori e la classifica, tu società cerchi di dare uno scossone. Non pensavo, ripeto, che il Catania prendesse un allenatore totalmente opposto a Camplone”.

Alla lunga le migliori difese fanno la differenza, è sempre così?
“Non sono d’accordo. Specie questo campionato parla da solo. Si possono fare 2-3 gol tranquillamente al cospetto di chiunque. Questo torneo di Serie C è molto difficile e competitivo. Quest’anno sarà dura per tutti, dalla lotta salvezza a quella per il vertice della classifica. Non ti regala niente nessuno”.

La Reggina tenta la fuga. E’ la favorita numero uno per la promozione diretta?
“E’ una squadra molto concreta che produce tanto in fase offensiva, ma c’è da dire che ha avuto un pò di fortuna ultimamente. Tutte le altre sono in corsa ed io lo stesso Catania non lo considero tagliato fuori. Secondo me ha tutto il tempo per recuperare. Più ti avvicini al primo posto da qui a fine 2019, meglio è. Questo campionato dice che non ci sono ammazza-campionato. Sono tutte delle squadre organizzate e strutturate. La Reggina sta andando bene ma vedrete che, entro il periodo delle feste natalizie, perderà un pò di terreno. Basta fallire 2 gare consecutive e guarda che casino succede. Nel calcio basta poco per esaltarsi ed altrettanto per deprimersi”.

Secondo te mancano dei leader all’interno dello spogliatoio del Catania?
“Avere giocatori importanti sotto questo profilo è fondamentale. Almeno uno per reparto. Chi vince, possiede questo tipo di giocatori e dei buoni gregari. I nomi non bastano assolutamente. Posso provenire anche dalla Serie A, ma senza la mentalità giusta non ti fanno vedere palla in C, appena la tocchi ti aggrediscono. Devi calarti nella mentalità ed inanellare una serie di vittorie consecutive per fare in modo che il popolo s’inorgoglisca e la giocata ti venga più facile. Al momento al Catania sembra che la palla scotti, come se i giocatori si nascondessero. Penso che la squadra avrebbe bisogno di reperire 1-2 leader a gennaio”. 

A proposito del mercato invernale, può contribuire in misura decisiva a mutare lo scenario in casa Catania?
“Se ci sono carenze strutturali in una squadra, non puoi fare niente ma il mercato di gennaio può venire in soccorso. Fermo restando che è un arma a doppio taglio. La storia insegna che nelle ultime stagioni soprattutto, squadre che hanno cambiato tanto a fine anno non sono riuscite a vincere il campionato, oppure chi stava a metà classifica ce l’ha fatta. Devi prendere giocatori adatti alle tue esigenze e cedere chi chiede di andare via. Servono calciatori funzionali al tuo progetto tattico e, ribadisco ancora una volta, un paio di leader costruendo solide basi per il futuro. Non stravolgendo ogni anno la rosa, altrimenti non vinci nulla. Molte volte squadre che hanno speso due soldi trovano entusiasmo ed i meccanismi giusti per inserirsi a sorpresa tra i club più accreditati al primo posto e, magari, vincono il campionato. Ecco perchè il calciomercato è sempre molto particolare e devi intervenire con oculatezza”.

Andiamo indietro nel tempo, come valuti la tua esperienza vissuta in maglia rossazzurra?
“Anch’io ho avuto dei momenti brutti con contestazioni dei tifosi, però verrei a giocare sempre a Catania. Io l’ho vissuta molto positiva a livello personale, mi sono trovato bene. Ero un esterno basso, ho fatto anche il quinto a destra e trovato la via del gol. Ho avuto qualche screzio con Toshack e, all’inizio, non andò benissimo con Colantuono perchè lui è un tipo molto rude, io pure. Siamo andati un pò allo scontro ma sempre con il massimo rispetto. Se con Toshack si vinceva era merito suo, se perdevamo colpa di noi calciatori. Non ero d’accordo e glielo dissi una volta perchè a me piace dire quello che penso in maniera diretta. E la pagai venendo messo fuori rosa per 1-2 settimane. Anche questo mi ha fatto crescere sotto tanti aspetti. Fu una stagione travagliata, ma Catania mi ha formato secondo molteplici punti di vista. Ho fatto parte della storia di questo club e ne sono orgoglioso. Noi quell’anno abbiamo fatto gruppo. Dopo l’aggressione di Oliveria eravamo in 3-4 nello spogliatoio. Qualcuno avrebbe anche potuto chiedere di andare via, invece siamo rimasti fino alla fine. Sul campo l’obiettivo è stato raggiunto malgrado le difficoltà”.

Cosa fa, oggi, Alessandro Del Grosso?
“Alleno da sei anni, adesso guido il Sora e sono subentrato da un sistema di gioco 3-5-2 al 4-3-3. Caso opposto a quello del Catania, praticamente. Però un 4-3-3 a mio modo. Io ho avuto tecnici come Delio Rossi, Varrella, Zeman – con cui sono stato anche collaboratore a Pescara – Ho imparato molto da loro, ma includo altri nomi importanti per la mia crescita: Fascetti, lo stesso Toshack, Graziani, Guerini. Davvero un bel mix. Ho preso un pò da tutti quanti, ma cercando di metterci qualcosa di mio e provando sempre a migliorarmi. Aspetto quel pizzico di fortuna per fare il salto di qualità, ma so anche che la fortuna va trovata, ed io cerco di andarmela a prendere. Ma è importante trovare un gruppo di lavoro che segua l’allenatore. Molte volte il tecnico spiega i concetti, poi i giocatori si fanno le loro idee. L’allenatore deve essere bravo, allora, a far capire alla squadra ciò che vuole da loro. Su una rosa di 20 calciatori, se 10-11 recepiscono bene il tuo credo lo trasferiscono a tutti gli altri. Ecco perchè, come dicevo prima, servono dei leader nello spogliatoio che trascinino la squadra ed abbiano le spalle grosse”.

Si ringrazia Alessandro Del Grosso per la gentile concessione dell’intervista.

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