A MENTE FREDDA: l’analisi del match disputato dal Catania contro il Paternò

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Il Catania ha fatto 13. Tredici vittorie su altrettante gare disputate al “Massimino”, un ruolino di marcia che conferma il valore e le enormi potenzialità di una squadra, quella di Ferraro, che in Serie D non conosce ostacoli. Gli avversari, tutti, hanno provato in qualche modo ad arrestare la corsa del Catania. Qualcuno è riuscito a limitare i danni; nel girone d’andata Cittanovese, Lamezia Terme e Sancataldese hanno strappato in qualche modo un punticino, il Santa Maria Ciilento è stata l’unica compagine ad avere fatto bottino pieno contro un Catania sottotono. Episodi rarissimi di una stagione brillantemente condotta dai rossazzurri.

Fatta questa premessa, soffermandoci su Catania-Paternò, emerge un aspetto che caratterizza, dall’inizio del campionato, la stagione del Catania. Chi subentra dalla panchina fa la differenza. Sempre. E la frequenza è diventata pressochè costante nel vedere incidere Marco Palermo e Andrea Russotto. Il primo ha siglato la doppietta che ha permesso al Catania di aggiudicarsi il derby rossazzurro. Già a pochi minuti dal suo ingresso in campo, nella ripresa, ha impresso un’impronta marcata alla gara. Più ritmo e maggiore propensione all’inserimento nel reparto di centrocampo, maggiore dinamismo e “garra”. Russotto ha contribuito a cambiare il passo, rendendo la manovra offensiva molto meno prevedibile e più efficace, giocando in ampiezza e aprendo la difesa paternese che, soprattutto nel primo tempo, aveva retto l’urto.

Jefferson ha assicurato centimetri ed una discreta mobilità là davanti. Le invenzioni di Sarno si rivelano spesso geniali, è stato così anche domenica pomeriggio in occasione del calcio di punizione ben calibrato che ha messo Palermo (al posto giusto al momento giusto) nella condizione di battere a rete. Peccato per l’infortunio che lo ha costretto ad uscire dal terreno di gioco in barella. Per il resto Bethers si è fatto trovare pronto, Lorenzini ha guidato con autorità la difesa giostrando in coppia con Castellini. Al di là di qualche sbavatura, la linea difensiva ha lavorato bene di reparto con Boccia a sinistra che conferma di sapersi adattare in un ruolo non suo. Bene anche Rapisarda.

Vanno attribuiti meriti ad un Paternò che, nella prima frazione, ha imbrigliato la manovra del Catania giocando con equilibrio nelle due fasi. Buona copertura degli spazi, squadra corta e che, attraverso le ripartenze, in qualche circostanza ha messo in difficoltà i padroni di casa supportata da Cozza in cabina di regia, dalla mobilità di Asero e dal guizzante Piciollo, volto noto all’ex presidente del Catania Riccardo Gaucci che lo aveva avuto a Malta, tra le fila del Floriana. Un Paternò coraggioso e imbottito di giovani è stato costretto però ad inchinarsi di fronte alla cifra tecnica ed all’esperienza del Catania, abile a “leggere” la gara mettendo da parte, dopo l’intervallo, la frenesia e la scarsa lucidità dei primi 45′ scegliendo la concretezza, trascinato da Palermo e Russotto.

Nel secondo tempo il Catania ha schiacciato il piede sull’acceleratore e avrebbe anche potuto calare il tris, ma sarebbe stata una punizione troppo severa per i rossazzurri paternesi, che in un altro paio di circostanze hanno tentato di rientrare in partita. Giovanni Campanella, allenatore degli ospiti, sognava di ripetere l’impresa di tanti anni fa con il Gravina, allora vittorioso a Catania. Stavolta solo applausi per lui (da sottolineare la sportività, come in molte altre circostanze, dei 16mila del ‘Massimino’) e zero punti in tasca. Bottino pieno, invece, per il Catania che continua a correre guardando fisso verso la meta.

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