PAROLA AL TIFOSO: “Il mio amore per Catania scoppiato negli anni ’60, da Cinesinho a Izco i miei idoli”

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Cinesinho
Cinesinho, uno dei più grandi calciatori della storia del Catania.

Rubrica Saremo sempre con voi, non vi lasceremo mai, intervista a Fofò Orlando

Ricordi quale è stata la prima volta che hai incontrato il Calcio Catania, che ne hai sentito parlare?
“E’ veramente trascorso così tanto tempo che mi sembra che sia stato sempre con me. Erano i primi anni sessanta, con mio papà che era il mio idolo. Appena tornati da Milano, ogni domenica a piedi da via Aurora fino allo stadio, ambiente allegro e con quell’entusiasmo che solo allo stadio si respira (eravamo in pieno boom economico!!), da sotto i gradoni in legno e tubi innocenti della Tribuna A, zona abbonati, si poteva sbirciare un angusto corridoio dove i calciatori sgambavano prima del match, era eccitante riuscire a scorgere qualche volto che potevo associare alle figurine rigorosamente Panini!
La prima partita di cui ho un ricordo consapevole fu un Catania-Inter, vincemmo 1 a 0 con gol di Milan, alcuni vicini per festeggiare mi lanciavano in aria e mi passavano tra loro come fossi palla!! Un assaggio corposo di felicità. (il Catania schierava: Vavassori, Giavara, Corti, Rambaldelli, Bicchierai, Benaglia, Milan, Vigni, Szymaniak, Prenna, Petroni. Avevo appena compiuto 4 anni).

Ti ricordi quando e perché hai deciso che sarebbe stata la tua squadra?
“Guarda, i colori di questa maglia sono in assoluto i più belli, l’azzurro è unico, tanti i rossoblù, dal Genoa al Bologna, soprattutto per la prima ho una particolare simpatia, ma di azzurro ci siamo solo noi, il cielo di Catania nelle giornate di massima luminosità e limpidezza, e poi il rosso oltre che la nostra passione e partecipazione emozionale e manco a dirlo la presenza del terribile e strepitoso vulcano. Poi la squadra rispecchia con i suoi tormentati trascorsi tutta la sofferenza di questa comunità cittadina che tante volte ha dovuto risollevarsi a seguito di eventi terrificanti e siamo sempre qui, peccato che l’orgoglio di avere una grande città è mal sincronizzato con il desiderio di avere un grande team calcistico specie in questo momento storico”.

Quale è stata la prima partita alla quale hai assistito, come andò, hai qualche ricordo/emozione di quell’esperienza?
“Questo è sinceramente più vago, sono certo che gli anni della serie A inizio anni sessanta li ho vissuti in pieno come già detto, ah ecco ricordo un Catania-Milan finito 0 a 1 per i rossoneri con un sinistro rasoterra imparabile per il grande Vavassori, bello come un attore americano. Bè a quel tempo mi piaceva il Milan dove militavano fra gli altri Rivera, Maldini, Trapattoni, Mora, ma solo perché essendo nato a Milano mi sembrava dovuto. Mi sono poi subito convertito al rossoazzurro senza nessun ripensamento fino ad oggi”.

Ci sono episodi del tuo percorso di vita intrecciati con l’andamento della squadra?
“Diversi ma il più importante, l’anno dell’inaugurazione della Curva sud, culminato poi con la promozione in A agli spareggi a Roma con Como e Cremonese, si associa alla ripresa degli studi universitari dopo la parentesi di lavoro alla radio finita malamente, una nuova storia d’amore, un lavoro autonomo per potere studiare e avere un po’ di soldi in tasca, e allo stadio non ce n’era per nessuno, vittorie in fila in rimonta e la nuova curva gremita chiamava i gol di Barozzi, detto il mito subentrante, Mastalli e soci”.

I risultati del Catania come incidono sul tuo umore, sulla tua serenità interiore, le cose vanno meglio se il team ha fatto un grande risultato o vanno male se ha perso malamente?
“Sì, confesso che il mio umore degenera quando la squadra va male, è una forma di malumore, misto a tristezza che getta un’ombra su una presenza generalmente solare ed allegra, da un po’ ho adottato alcuni stratagemmi canori per squarciare quel velo triste, alcuni sono interiori e personali, altri a tutta voce con canti anti rosanero, senza la parte di bestemmia del “Rosanero in croce….” che vorrei venisse abolita! Il malumore dura dalle 24 alle 48 ore poi si riparte e si passa alla prossima”.

Quali calciatori hai ammirato particolarmente in questi anni, perché?
“Dell’epoca più recente Izco, per la grande crescita calcistica già in età adulta, Bergessio, per il suo cuore di leone, molto prima Cinesinho, per i piedi delicati e le giocate di sopraffina balistica. Ricordo sotto curva C un suo calcio d’angolo che va in porta direttamente con Cudicini, allora alla Roma (4 a 0 finale), a farfalle, il portiere Rado, piccolo tra i pali ma di un’esplosività e piazzamento da grande numero uno. E poi Ciceri, scarso di tecnica, fine ma grande nel coraggio e nella passione agonistica.

Quale è stata la delusione più cocente che hai avuto dal Catania?
“Quella recente con le due retrocessioni non ha paragoni con nient’altro, soprattutto perché si è dissipato un patrimonio veramente grande e con comportamenti infantili e quanto meno discutibili. Le promesse di obiettivi fuori luogo hanno generato un gap demenziale con la realtà e l’ostinazione presuntuosa di non ascoltare la pubblica opinione, fonte di scollamenti tra le parti del sistema con l’inevitabile tonfo che tutti sappiamo”.

Quanto la città, la comunità catanese, secondo te, vive e risente delle sorti calcistiche del club?
“La comunità risente moltissimo di tutto questo, se in giro ci sono persone tranquille e un pò più contente la città e i suoi flussi sono ammorbiditi e piacevoli, anche se è ovvio che le motivazioni di queste dinamiche di “felicità” dovrebbero venire da un ambiente pulito e dal diritto al lavoro pienamente rispettato cosa che non è, anzi, Catania si regge perché la sua comunità è nonostante tutto viva e sopperisce all’orribile mancanza di occupazione che da anni dilania la città”.

I catanesi, a tuo parere, hanno un loro particolare modo di seguire la squadra con quella fede che viene espressa per esempio per la santa patrona, con quella abnegazione e quell’afflato così intenso, è qualcosa che percepisci, lo puoi descrivere?
“Il sentimento di devozione e di amore incondizionato che si respira durante la festa della patrona è parte della nostra natura essenziale e rispecchia la fede che i catanesi sanno mettere in campo quando è chiamato in gioco il proprio cuore. Con i dovuti distinguo, quella partecipazione spesso ordinata e sentita è la stessa che riesce a spingere la squadra ed è un’interessante proiezione di come un piano emozionale si possa trasferire su un piano agonistico e nel gioco del calcio, che per questo è per me un’esperienza bella che coniuga, pur contenendo bassezze e storture immense, sentimenti profondi e leggerezza gioiosa”.

 

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