ESCLUSIVA – Baiocco: “Catania, serve equilibrio ed un ambiente sereno. L’amore per questa città parte importante della mia vita”

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Davide Baiocco

Sempre interessante, mai banale. L’ex centrocampista del Catania Davide Baiocco rilascia un’intervista ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com che fa riflettere molto sulle azioni che influiscono nel nostro vivere quotidiano e nel calcio. Baiocco ha anche ricordato alcune delle esperienze calcistiche più significative vissute in carriera, alla Juventus ed alle pendici dell’Etna.

Davide, arrivano le prime critiche dopo la sconfitta del Catania a Potenza. Cosa ne pensi?
“Il pessimismo non è assolutamente un atteggiamento produttivo. A maggior ragione dopo la terza giornata di campionato. In realtà, la sconfitta di domenica è figlia delle delusioni di questi anni, ma non è positivo ingigantire ogni cosa. Questo non va bene. Me ne rendo conto io stesso. Per raggiungere risultati importanti devi avere un atteggiamento volto al positivo, che vuol dire guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, prendendo una sconfitta come un errore da cui migliorare e crescere. In un ambiente che presenta negatività, foschia, come si lavora? Vale in qualsiasi ambito della vita. Preferisci lavorare in un ambiente in cui ti danno una pacca sulla spalla o che sia depotenziante? Anch’io, perdendo una gara, mi portavo dietro questo alone di negatività per troppo tempo. Le azioni che commettevo in quello stato non erano delle migliori, vedi espulsioni e litigi con arbitri, avversari e compagni. Ripeto, dobbiamo valutare con estrema attenzione il fatto che siamo alla terza giornata, l’equilibrio è tutto. Anche nelle vittorie serve la capacità di rimanere equilibrati. Bisogna avere un equilibrio emozionale, io in campo non sempre ne avevo e questo rappresentava un limite”.

Hai qualche rimpianto per la tua carriera?
“Non ho rimpianti ma, con gli strumenti appresi attraverso la mia nuova attività lavorativa, posso dire per certo che avrei potuto fare di più. E soprattutto lasciando un segno differente per qualcuno. Pazienza. Ogni errore ci fa crescere e diventare migliori. Penso all’esperienza vissuta alla Juventus con due sentimenti contrastanti. Da una parte l’entusiasmo e la gioia di avere a che fare con il top a livello societario e di persone. Dall’altra, il sentimento di amarezza per non essere riuscito a dimostrare appieno il mio valore. Prima cercavo delle scuse, invece la colpa è stata mia perché avrei dovuto gestire meglio la situazione. Ma lavorare lì mi ha dato la consapevolezza di cosa voglia dire essere campioni. Il campione, anche se è al top, cerca sempre qualcosa di diverso per arrivare al top+. Una volta raggiunto il top+, punta al top++. Si mette continuamente in discussione per essere migliore. Ho imparato in questo senso da gente come Del Piero che, nonostante avesse tutto, ogni giorno con perseveranza e costanza cercava il miglioramento. Grande lezione di vita e professionale per me, ricercare la ricetta dell’eccellenza. Il nostro potenziale è immenso, ma a volte noi stessi non lo sappiamo e ci poniamo dei limiti enormi. In realtà anche se sembra che tu sia al top, si può fare sempre meglio. Purtroppo, c’è troppa mediocrità in giro, un po’ costruita dal sistema. Nessuno fa niente per togliersi da questa mediocrità. Manca quel coraggio indispensabile per rimettersi in gioco. Coraggio, perseveranza, disciplina, passione… con questi elementi puoi ottenere quello che vuoi nella vita”.

Cos’ha significato per te vestire la maglia del Catania?
“Esperienza che ha segnato la mia vita, prova ne sia che vivo ancora qui. Mi sono legato a Catania. Vorrei contribuire affinché la città diventi sempre migliore, come ho contribuito a livello calcistico insieme a tante persone a raggiungere risultati importanti ma soprattutto a condividere momenti di vita esaltanti. Ho condiviso emozioni fortissime con la piazza e la comunità, ho toccato e continuo a toccare con mano tutto questo. L’amore per il Catania e la città sarà sempre una parte importante della mia vita”.

Sono annate non facili per i tifosi rossazzurri. Quale messaggio ti senti di mandare?
“Ai tifosi dico che dopo l’inverno c’è sempre la primavera e, poi, l’estate. La vita è come le stagioni. Le stagioni cambiano. Vorremmo tutti che il Catania dal 1946 ad oggi fosse stato sempre in Serie A, ma ci vuole coraggio a sopportare questa situazione dopo avere vissuto annate fantastiche nella massima serie. E serve una critica sana, costruttiva. Bisogna covare un ambiente positivo, altrimenti è difficile ritornare in auge. E’ un compito difficile, lo so perché il tifoso del Catania ragiona col cuore. Il cuore a volte batte la ragione. Se vogliamo il meglio per il Catania, dobbiamo fare qualcosa di propositivo nel nostro piccolo. Ribadisco che un clima disfattista non porta da nessuna parte. Non funziona questo atteggiamento a casa, con i tuoi figli, nel calcio ed in generale”.

Come ti aspetti che il Catania reagisca alla sconfitta di Potenza?
“La preparazione alla gara successiva deve essere vissuta con serenità e la consapevolezza di avere un gruppo che lavora bene. L’ambiente genera risultati ed è fondamentale. Anche la stampa può influire su questo clima: cercando di stemperare se si vuole il bene del Catania ed esaltarsi o abbattersi con la stessa moderazione. Il ko di Potenza può generare paura, scarsa autostima perché i giocatori sono degli uomini e vivono di emozioni. Io posso avere tutto il carattere forte del mondo, reagire in maniera migliore di un altro, se lavoro bene. Ma, e lo dico per esperienza, l’ambiente incide. Per Davide che a livello caratteriale è più preparato inciderà negativamente per il 30%, ma per la maggior parte incide tanto, soprattutto sulla propria sicurezza. Il calciatore ha bisogno di fiducia, di essere sereno e tranquillo. Sapendo che se sbaglia farà in modo di non ripetere l’errore nella gara successiva. Spesso nel calcio e nelle persone manca la leadership perché il sistema in generale ci vuole, tra virgolette, sottomessi. Nel calcio si dovrebbe curare questo aspetto, anche attraverso la figura del mental coach. I corsi di leadership dovrebbero essere obbligatori perché si sono persi determinati principi che contavano. Non basta focalizzarsi sulla tecnica e la tattica. Serve curare anche mente, spirito, corpo e cuore per tirare fuori il massimo potenziale che hai dentro”.

Tempo fa accennasti l’idea di un ritorno nel mondo del calcio. Quando si concretizzerà?
“Non so se tornerò nel calcio, con qualcuno o da solo. Non conosco tutte le realtà nel dettaglio a livello nazionale, ma per il tipo di calcio visto negli ultimi anni non c’è spazio per Baiocco. Devo trovare qualcosa attraverso gli strumenti acquisiti che mi permetta di agire a 360 gradi sulla crescita e lo sviluppo dei ragazzi. Il Davide di due anni fa non era completo. Non avevo tirato fuori la migliore versione di me stesso. Ero limitato, pur avendo raggiunto dei buoni risultati. Ho fatto quasi il massimo con le risorse a disposizione, ma quello che avevo era poco. Ecco, adesso vorrei tornare nel calcio avendo tutti gli strumenti per farlo”.

Si ringrazia Davide Baiocco per la gentile concessione dell’intervista.

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