LA REPUBBLICA: “Il catanese Simone Leonardi, una storia d’orgoglio e riscatto”

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Negli ultimi giorni è stato accostato al Catania anche un giovanissimo attaccante catanese di proprietà della Sampdoria, Simone Leonardi. L’edizione odierna de La Repubblica si è soffermata proprio sul ragazzo di 17 anni, bomber della Primavera blucerchiata e capocannoniere dell’ultima edizione del prestigioso Torneo di Viareggio. La sua viene descritta come “una storia d’orgoglio e di riscatto. E per lui, che mai si era spostato dal quartiere San Cristoforo di Catania, quello di diventare calciatore sembrava davvero un sogno irrealizzabile. Simone è nato a Catania il 18 luglio del 2005 e al suo primo anno in Primavera ha messo a segno 16 gol, di cui 7 in campionato e 9 al Torneo di Viareggio”.

Si è allenato stabilmente in prima squadra, agli ordini di Dejan Stankovic. E ha fatto parte della nazionale under 17 del commissario tecnico Bernardo Corradi: «Sono il terzo di cinque figli – ha raccontato – Ho tre fratelli e una sorella. E devo tutto a mia mamma, da sempre la mia prima tifosa. Ha fatto tanti sacrifici e il mio sogno è quello di ripagarla e di non farle mancare nulla. Vengo da una famiglia molto umile, in cui il pane un giorno c’era e il giorno dopo mancava. So cosa significa non avere niente e sono dovuto crescere in fretta».

Un percorso iniziato nei campetti di periferia. Tra mille difficoltà: «Praticamente sono cresciuto con il pallone tra i piedi. Ogni pomeriggio, con i miei amici, mi divertivo in oratorio. Fino a quando sono stato notato da Mariella Morace, tecnico della New Lever Catania». Poi, improvvisamente, la svolta. Era un giorno come tanti. E Simone, dopo l’allenamento, si era seduto al tavolino del chiosco del centro sportivo. Accanto a lui, un uomo che non smetteva di fissarlo. Era il procuratore catanese Gianluca Virzi: «Non lo conoscevo e non capivo il perché mi guardasse. Fino a quando si avvicinò, presentandosi. Mi propose di cominciare un percorso assieme, diceva di vedere in me grandi potenzialità».

Simone non dimentica le sue radici, i sacrifici fatti: «All’inizio non fu affatto semplice. Non mi ero mai allontanato da Catania, un po’ di paura era normale. Dovuta, forse, anche al mio carattere introverso. Quando posso, torno sempre a San Cristoforo. E porto magliette, pantaloncini e felpe ai ragazzini del mio quartiere. Voglio essere un esempio positivo per loro. Qui ci sono tanti ragazzi talentuosi e che hanno voglia di emergere, ma molti hanno bisogno di essere presi per mano e di essere guidati».

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