EX ROSSAZZURRI – Baronchelli: “I giocatori sentono il peso della maglia rossazzurra. Ritiro positivo se…”

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Cosa pensa l’ex capitano del Catania Giuseppe Baronchelli della scelta societaria di portare la squadra in ritiro e, in generale, delle difficoltà incontrate in questo campionato dai rossazzurri? Ne ha parlato ai microfoni di Telecolor, nel corso di ‘Sicilia Preview’. Ecco quanto evidenziato:

“Bisogna capire in che modo vai in ritiro. Ai nostri tempi i social non esistevano, si passavano ore intere nella camera di X in 10-12 a parlare di varie situazioni, anche non legate al calcio, condividendo certe cose portandole magari in allenamento il giorno dopo. Oggi nel mondo della tecnologia i calciatori vivono perennemente davanti a un telefono, dunque sapere e capire quanto può essere importante un ritiro mettendo una squadra insieme da fuori diventa più complicato. Da fuori è anche complicato esprimersi sui problemi incontrati, magari si sarebbe potuto comunicare meglio tra di loro e rifacendo la squadra a gennaio è difficile assemblarla. Tanti tifosi so che rimpiangono la squadra dell’anno passato ma è anche vero che questo è un altro campionato. Il ritiro è positivo se dagli interpreti c’è condivisione di gruppo, ma se stanno ognuno nelle proprie camere ha poco senso”.           

“Al di là del discorso tattico e della qualità, guardando il curriculum sono giocatori che possiedono caratteristiche importanti ma la maglia pesa, quando porti quella maglia devi avere qualità non dalla testa in giù ma dalla testa in su. Siamo carenti nei passaggi filtranti ma quando andiamo in pressione possiamo determinare qualcosa. Andando in pressione rischi qualcosa dietro, ma a volte andare in pressione dieci volte e sbagliare cinque è anche quella una personalità da portare in campo. Secondo me a questo Catania manca quello che è mancato alla nostra squadra il primo anno, cioè la consapevolezza della maglia che indossi con l’obbligo di scendere in campo sempre per vincere. Più passa il tempo, più i giocatori sentono un carico sulle spalle”.               

“Ricordo quando a Zafferana un membro della tifoseria organizzata voleva picchiare un mio compagno di squadra perchè aveva giocato male, gli dissi che lo avrei fatto parlare con lui se mi avesse promesso che non gli avrebbe messo le mani addosso. Il ragazzo dalla volta successiva ha svoltato, ha capito l’importanza, è stato attento ai particolari comprendendo che anche attraverso i consigli di noi un po’ più esperti poteva vedere le sfumature in un modo diverso. E’ capitato 2-3 volte in tre anni, questo secondo me vale più di un allenamento e di tante altre cose”.

Io mi sento un tifoso del Catania. Quando venni giù da polentone ho sempre pensato diversamente dai luoghi comuni su quello che poteva essere il sud. Catania è stata un’esperienza che mi ha dato più di tutte le squadre in cui ho militato in carriera ed io spero di avere contribuito a dare qualcosa d’importante in maglia rossazzurra”.

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