GRASSO (vedova Raciti): “Micale in semilibertà? Fa molto male. Spero che i miei figli non incontrino mai gli assassini di Filippo”

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Marisa Grasso, vedova Raciti

Marisa Grasso, vedova dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti ucciso in occasione del derby Catania-Palermo il 2 febbraio 2007, ospite alla trasmissione televisiva Tagadà su La 7 rilascia alcune dichiarazioni con riferimento alla morte del marito. Ecco le parole evidenziate da TuttoCalcioCatania.com:

“Mio marito si allontanò con uno sguardo sereno. Nelle ultime partite era tornato a casa ferito ed in quei momenti si avvertiva la pericolosità del derby. Era in servizio, non volevo disturbarlo perchè sapevo che, prima o poi, lo avrei sentito. Sua mamma chiamò me per la prima volta dopo 17 anni di matrimonio per avere notizie di Filippo, le ho detto di stare tranquilla. Intorno alle 22.00 i miei figli erano vicini a me. Quando accesi la televisione, annunciarono la morte di Filippo”.

“La figlia grande, 15enne, iniziò ad urlare. Il piccolo invece aspettava il papà al rientro che gli consegnasse come sempre dei pacchetti di figurine. Appresa la morte di papà, rimase immobile lasciando cadere un giocattolino. Arrivò per me un momento che non avrei mai voluto affrontare. Avrebbero potuto avere la sensibilità e delicatezza di contattarmi prima di diffondere la notizia in tv”.

“Quando mi sono recata in ospedale ed ho visto il cadavere privo di vita di Filippo, non potetti accettare che proseguisse lo svolgimento della festa di Sant’Agata chiedendo rispetto per la memoria di mio marito. Ci fu la coincidenza con il giorno del funerale. Alla fine riunificarono il Pontificale con il funerale. Mio marito e Sant’Agata sono state vittime della violenza. Filippo è nato in un quartiere degradato di Catania. Per lui la divisa significava difendere i valori con onore, forse lo sposai a 18 anni per questo”. 

Adesso che effetto mi fa sapere che Micale è in stato di semilibertà? Sono molto triste per le modalità di questa semilibertà. Si è trattato di omicidio, atto gravissimo. Giusto che la società civile possa rieducare, ma non trovo corretta l’applicazione di sconti di pena in casi del genere. I miei figli stanno crescendo senza un padre. Adesso dare la possibilità di continuare a svolgere la propria attività a chi ha manifestato violenza nella stessa città mi fa molto male. La mia famiglia continua ad andare avanti, mi auguro che mio figlio non incontri mai gli assassini di suo padre perchè è cresciuto con un grande dolore”.

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