VIAGGIO NELLA STORIA DEL CATANIA: 1960/61, periodo di rinascita sportiva e “Clamoroso al Cibali!”. Il presidente Marcoccio vince tutte le scommesse

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foto Mimmo Rapisarda

Il cuore del Calcio Catania ha smesso di battere ma non si potranno mai cancellare i ricordi. Attraverso questa rubrica intendiamo effettuare proprio un viaggio nella storia del Catania. Una storia fatta di gioie, dolori, emozioni, momenti delicati e di grande entusiasmo.

In questi giorni abbiamo parlato dell’inizio di una storia rossazzurra, quando il Catania assunse la denominazione di Società Sportiva Catania prima, di Associazione Fascista Calcio Catania dopo, fino ad arrivare alla nascita del Club Calcio Catania. Andiamo avanti con il 28/o appuntamento della nostra rubrica, giungendo all’annata 1960-61.

Si ritorna in Serie A, e la seconda promozione nella massima categoria vede il Catania mantenere lo stesso presidente ed allenatore (Ignazio Marcoccio e Carmelo Di Bella). In attacco si rinuncia ad una bandiera come Bastiano Buzzin, sostituito dall’argentino Salvador Calvanese detto “Todo” in arrivo dal Genoa, dalla Roma invece ecco l’ala ambidestra Mario Castellazzi.

Il Catania arriva a contendere il titolo di campione d’inverno all’Inter, poi si classificherà all’ottavo posto finale con 36 punti, un risultato per certi versi inatteso, insperato e quindi ancor più appagante. Si ricordano vittorie di lusso, come un 4-3 inflitto al Milan in cui militava gente come Liedholm (capitano), Cesare Maldini e Trapattoni (marcatori rossazzurri Prenna, Castellazzi, Calvanese e Morelli). Ma soprattutto la data del 4 giugno 1961, quella del famoso “Clamoroso al Cibali!”, frase attribuita al radiocronista italiano Sandro Ciotti durante la cronaca della gara Catania-Inter giocata allo stadio Cibali e valevole per l’ultima giornata del campionato.

In tale circostanza, contrariamente ai pronostici, la squadra etnea vince 2-0 contro i nerazzurri milanesi. I rossazzurri covavano propositi di rivalsa dopo l’incontro di andata perso 5-0 a San Siro, con ben 4 autogol. Il tecnico interista Helenio Herrera aveva irriverentemente definito il Catania «una squadra di postelegrafonici»; quelle parole, di fatto, gli etnei se le legarono al dito: «Per come avevamo giocato forse aveva pure ragione, quattro autoreti sono un po’ troppe. Ma ci siamo guardati in faccia promettendoci vendetta», affermò anni dopo il capitano catanese Adelmo Prenna. In tal senso, nei giorni precedenti la sfida di ritorno i giocatori etnei rifiutarono compatti un doppio premio offerto dalla loro dirigenza, per lasciare la vittoria ai lombardi: «No, ci dispiace. Ce la giochiamo”. E giocammo alla morte», ricordò Giorgio Michelotti.

Le scommesse del presidente Marcoccio sono tutte vinte: Di Bella è l’allenatore più promettente della categoria, Calvanese e Castellazzi rispondono con un rendimento altissimo e, tra i nove esordienti in Serie A, Amilcare Ferretti e Giuseppe Gaspari si guadagnano le attenzioni delle squadre più blasonate, mentre Catania vive un periodo di rinascita sportiva. Unica nota stonata di stagione la precoce eliminazione dalla Coppa Italia dove gli etnei vengono battuti al secondo turno dai cugini del Messina.

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