Un giorno nel passato mi innamorai di te…

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Ho trascorso un sabato, una domenica e un lunedì da incubo.
Si sa sono i giorni dei postpartita e le conseguenze degli umori si propagano nella presenza del tifoso o come balsamo benefico o come veleno serpeggiante, il secondo si è annidato nella zona fra il centro emozionale e quello intellettuale approfittando della caduta degli zebedei subito dopo i due gol beccati a Melfi.

Il fatto è accaduto perché mentre si pranzava e miracolosamente la mia compagna mi aveva concesso di vedere la partita, lei si chiede sempre come io possa essere così appassionato e devoto a delle immagini che sembrano provenire da una TV dei primi anni 80, quindi vado a portare i piatti del pranzo a lavare e soffermandomi ad aiutarla per asciugarli, per non apparire fanatico ai suoi occhi, quando ritorno trovo un orrendo due a uno fra le sfocature del segnale televisivo. Il rimbalzo zebedeico mi ha lasciato tramortito per un paio di minuti e cercavo di sapere cosa era accaduto durante la fatal assenza!

Superato quel momento e ripresa la normale presenza che si addice ad un essere con almeno due cervelli, poiché il terzo era andato in pappa, tutti sapete come sono poi andate le cose in campo e quando l’anta sinistra della porta è sempre aperta gli spifferi sono talmente devastanti che un punto sembra andare anche bene. Certo che ho visto i nostri costernati e umiliati, con gli occhi a terra e questo fa male, a tutti.

Ormai le filippiche contro la scelta tecnica di insistere su certi atleti è roba ordinaria, e quando il pubblico fischia il proprio portiere nel momento in cui va ad occupare la nostra porta, è un segnale che va ascoltato prima per non mortificare l’uomo poi se la gente sente insicurezza. Figuratevi cosa sentono i compagni in campo e nessuna magia si forma anzi, nessuna chimica sottile prende forma e questo è un pericolo da scongiurare ad ogni costo. Ve lo immaginate il Massimino con un pubblico senza entusiasmo e critico perché inacidito dalla staticità della squadra e del tecnico? Non ci voglio neanche pensare, sarebbe un capolinea, una chiusura che non ci potrà più rilanciare nell’entusiasmo così faticosamente ricostruito.

Invece troviamo il filo interrotto, riannodiamolo al pre-Caserta e focalizziamo e riassaporiamo quei sentimenti e speranze che ci possono far ritornare contenti di andare al campo e tifare senza remore i colori splendidi della nostra maglia.

La partita con la Paganese può essere la cura, vincendo, per la malaria campana che ci ha afflitto da qualche tempo. Fateci caso, le scoppole le abbiamo prese tutte lì e da club di quella “sciagurata” regione. Qual’è il motivo di ciò? Chi lo sa mi faccia un fischio, vi prego se lo fate non nel mio orecchio sinistro che troppo vento ha già preso…