ESCLUSIVA – Paris: “Catania, col Bari un tunnel ed una sola uscita. In C servono soprattutto soldati, Lucarelli può dare una grossa mano”

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Si avvicina il fischio d’inizio di Catania-Bari. La redazione di TuttoCalcioCatania.com ne ha approfittato per chiedere ad un ex calciatore delle due squadre, Rocco Roberto Paris, la disponibilità a rilasciare un’intervista. Abbiamo avuto il piacere di parlare dei suoi trascorsi in entrambe le formazioni, toccando anche altri argomenti:

Facciamo un tuffo nel passato, Bari e Catania. Quali ricordi?
“A Bari sono cresciuto nel settore giovanile fino ad arrivare in prima squadra. Ero giovanissimo, ho fatto tre anni tra Serie A e B. E’ una cosa magnifica esordire nella squadra della propria città per qualsiasi ragazzo. Forse avrei potuto giocare di più, ma in quella rosa c’era tanta gente navigata per la A. Devo comunque ringraziare mister Fascetti per avermi dato fiducia. A distanza di 20 anni capisco gli errori fatti alla mia età. Catania, invece, è stata la consacrazione al primo anno in C1 lontano da casa, facendo 29 partite a 19 anni in una piazza importante. Indossando la casacca rossazzurra sono stato l’uomo più felice del mondo e ancora oggi conservo tantissimi ricordi”.

E domenica si giocherà proprio Catania-Bari…
“Intanto parliamo di squadre forti, attrezzate forse per una B di vertice piuttosto che per vincere in Lega Pro. I campionati però sono lunghi, le gare durano 90 minuti e non sono mai semplici. Non la spunta la piazza o il blasone. Sono gli episodi che determinano queste partite. Una partita è fatta di piccolezze, al minimo errore l’altro vince. Il Catania ha il vantaggio di giocare in casa. Malgrado le difficoltà riscontrate in trasferta, davanti al pubblico catanese chiunque mostra personalità. Lo dico in base alla mia esperienza vissuta ai piedi dell’Etna. Contro il Bari c’è un tunnel ed una sola uscita per il Catania, la vittoria. Ma affronterà un Bari che giocherà a mente serena e ce la metterà tutta anche lui per vincere”.

Com’è andata l’esperienza vissuta nella Berretti del Monopoli lo scorso anno?
“Bellissima, mi ha aiutato parecchio. Ho capito che lavorare con i ragazzi non è come lavorare con giocatori esperti che sanno già cosa fare. E’ tutta un’altra storia. Permettimi di ricordare la partita che giocammo proprio contro il Catania a Torre del Grifo… Quando ho visto la Sicilia dal Traghetto sono andato 20 anni indietro e il mio cuore si è fermato. Poi, sul campo, abbiamo perso ma è stata l’unica gara che davvero non meritavamo di perdere. Paradossalmente avremmo persino meritato di vincere. Per il resto la Sicilia ci portò abbastanza bene avendo raccolto pareggi e vittorie ovunque con squadre che occupavano le zone di vertice”. 

A proposito di giovani, oggi come vivono il calcio i ragazzi rispetto ai tuoi tempi?
“Prima in un ragazzo vedevi fame. E la fame non la compri al supermercato. E’ difficile trovare ragazzi bravi e forti. C’è una mentalità diversa, i tempi sono cambiati. Puoi avere tutte le qualità tecniche che ti pare, ma se non rincorri un pallone che perdi o non aiuti un amico in difficoltà puoi fare ben poco. O pedali, o smetti di giocare”.

Hai parlato di fame, una caratteristica che poi è davvero fondamentale in un campionato come la Serie C…
“Assolutamente. Devi avere almeno 6-7 soldati che hanno carattere. Le doti tecniche, poi, vengono fuori. Sacrificio collettivo, questo è il calcio. In C è un aspetto che prevale e forse qualche giocatore difetta proprio in termini caratteriali. Conta avere in rosa gente molto tecnica, ma devi anche pedalare in una certa maniera durante la partita. In Lega Pro ci sta il fallo tattico, per carità anche le belle giocate ma alla fine il carattere è necessario. Un giocatore deve pensare a fare il suo, poi se ti riesce qualcosa di diverso o un colpo di tacco lo fai. Il Catania secondo me prende giocatori molto tecnici, ma servono soprattutto soldati che fanno la guerra in campo. Ne approfitto per augurare a Lucarelli di fare un buon lavoro perchè Catania è una piazza che merita tanto”.

Prima sedeva in panchina Camplone. E’ uno dei tuoi allenatori preferiti?
“Camplone l’ho avuto a Lanciano in C1. Di lui ho bei ricordi. Seguiva molto Galeone. Giocava in una certa maniera, era proprio fissato di Galeone. Un allenatore che a me piace tantissimo, per esempio, è Castori che dal niente riuscì a portare il Carpi in Serie A. Questo vuol dire che nel calcio i soldi devi saperli investire. Quel Carpi non aveva grandi risorse, eppure…”.

Camplone ha pagato con l’esonero, giusto così?
“Evidentemente c’erano dei problemi. Col cambio di allenatore c’è sempre uno stimolo in più e credo che Lucarelli darà una grande mano. Paga sempre il tecnico quando non arrivano i risultati. Se tu guidi una macchina e la mandi fuori pista, sono dell’idea che la colpa sia tua e non della macchina. L’allenatore secondo me è il 70% della squadra, nei minimi dettagli la colpa la attribuisci alla società però alla fine è il tecnico che spedisce in campo i giocatori. Il calciatore è responsabile fino ad un certo punto. Durante la settimana ci si allena per cercare i meccanismi giusti affinchè venga centrato il risultato. Se questo non accade, l’allenatore ha le sue responsabilità. Chiaramente servono giocatori adeguati che, insieme, creino una grande squadra in grado di avere la stessa mentalità sia in casa che fuori. L’allenatore è sempre fondamentale in questo. Se io ti do degli stimoli in casa, deve essere così anche in trasferta”.

Chi vedi favorito per la promozione diretta in Serie B?
“La Reggina ha migliorato un’ossatura base già forte. Farà un buon campionato, però secondo me il Bari la spunterà soprattutto per la struttura societaria che possiede. Gente competente in tutti i ruoli, dal direttore al presidente. Sanno fare mercato, sanno come muoversi. Hanno un buon allenatore che è riuscito a dare una sterzata, grandi giocatori, inoltre Bari è una grandissima piazza. Ci sono tutte le componenti secondo me per arrivare al vertice”. 

Si ringrazia Rocco Paris per la gentile concessione dell’intervista.

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