VIAGGIO NELLA STORIA DEL CATANIA: Mario Corti, mister 205 presenze in rossazzurro

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foto NewSicilia

Il cuore del Calcio Catania ha smesso di battere ma ora ci si prepara ad una ripartenza con Ross Pelligra al timone rossazzurro con la SSD Catania. Attraverso questa rubrica intendiamo effettuare un viaggio nella storia del Catania. Una storia fatta di gioie, dolori, emozioni, momenti delicati e di grande entusiasmo.

In questi giorni abbiamo parlato dell’inizio di una storia rossazzurra, quando il Catania assunse la denominazione di Società Sportiva Catania prima, di Associazione Fascista Calcio Catania dopo, fino ad arrivare alla nascita del Club Calcio Catania e del Calcio Catania SpA. Andiamo avanti con l’80/o appuntamento della nostra rubrica, soffermandoci sulla figura di Mario Corti.

Ci lasciava a gennaio 2020 uno tra i più importanti protagonisti della promozione in A nel 1960 ed a lungo capitano rossazzurro nell’Olimpo del calcio italiano. Nato a Genova nel 1931, il centromediano indossò per la prima volta la maglia del Catania nel 1957 e, dopo tre stagioni in B, scrisse con i compagni una pagina di storia conquistando l’ottavo posto finale nella massima serie al termine della gara Catania-Inter 2-0 del 4 giugno 1961, il “Clamoroso al Cibali” divenuto patrimonio sportivo nazionale. Corti, che nel 1960 contribuì alle due vittorie etnee contro il Friburgo preziose per l’assegnazione della “Coppa delle Alpi”, giocò nel Catania fino al 1964 sommando complessivamente 205 presenze e realizzando una rete.

Apprezzato per affidabilità e regolarità di rendimento, fu un pilastro dell’epoca dorata caratterizzata dalla guida tecnica di Carmelo Di Bella. Il figlio Paul, scrivendo anni fa ad Alessandro Russo, nipote del “Presidentissimo”, parlò in questi termini dell’adorato papà: “Vorrei far sapere dove lo ha portato la sua passione per il pallone e spero che oltre ad essere ricordato come capitano del Catania in Serie A, si sappia che ha giocato e allenato in Serie A australiana fino a 42 anni, poi si è messo a fare solo l’allenatore. Mio padre è stato uno dei pionieri a sviluppare il football a livello professionale in Australia, poi è diventato campione del mondo di squash per i dopo 50. Lui mi ha insegnato tanto specialmente nella psicologia sportiva che applico nelle arti marziali”.

Lo stesso Corti scrisse un piccolo libro sul Catania (‘Come siamo andati in Serie A’), raccontando anche la sua infanzia: “Marinavo la scuola, arrivavo in piazza, mettevo i libri a far da segnaporta e mi gettavo in mezzo alla mischia cercando di dare quante più pedate potevo al pallone – le parole di Corti – Dove andasse non importava, eravamo in tanti e quello che contava era riuscire ogni tanto a colpirlo con un calcione. Un giorno un capoccione che m’aveva visto giocare diverse partite pressoché regolari con sette da una parte e sette dall’altra e tempi variabili da mezz’ora ad un’ora, mi chiamò a sè: «Mario, giovedì procurati un paio di scarpe come quelli che usano i veri calciatori, proprio da football insomma, e aspettami alle 16 in piazza De Ferrari. Voglio farti vedere da quelli della Sampdoria, mi pare che cercano un elemento come te per la squadra ragazzi»”.

Cominciò così la sua carriera: “Avevo 13 anni e l’anno appresso ero centromediano titolare della squadra ragazzi della Sampdoria dove rimasi a farmi le ossa fino ai 17 anni. Così è cominciata la mia vita di calciatore”. Nella stagione ’57-58, A Catania, ritrovò Gipo Poggi, il tecnico che l’ha cresciuto e fatto esordire in A con i blucerchiati. Il suo costo era di 14 milioni di lire. Lo chiamavano ‘signor Smemoranda’ per via delle continue dimenticanze, ma in campo dimostrava di possedere grande carattere. Aprì un ristorante in Piazza Trento, poi passò al Paternò in D. L’anno seguente, nel ’65, emigrò in Australia andando a giocare nell’Adelaide Juventus.

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