PEPPE DI STEFANO: “Catania, tanto di cappello alla società per il comunicato. Sbaglia chi dice che la colpa è delle curve e del tifo organizzato”

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Il giornalista catanese di Sky Sport Peppe Di Stefano è intervenuto nel corso della trasmissione ‘Sport Sicilia Preview’, su Telecolor, tornando sui fatti di Padova-Catania:

“Eravamo partiti con Gianluca Di Marzio da Milano a ora di pranzo per vivere una giornata tra amici che vanno a vedere una squadra alla quale sono legato io e due squadre alle quali è legato Gianluca, visti anche i trascorsi di Gianni. Autogrill pieni di tifosi, era tutto bello, una festa, felici di ritrovarci insieme. A fine primo tempo è successo qualcosa di sconcertante. Io per una delle prime volte nella mia vita da catanese sono andato in difficoltà. Sbandiero sempre ovunque la mia appartenenza alla città, so bene che non c’entrano il 99,9% dei tifosi ma purtroppo quello è successo è riconducibile al movimento Catania. E’ stato brutto vedere che quasi ti guardavano come se fossi non uno di loro ma appartenente ad un gruppo che riusciva a creare quei casini. Non è stato bello, nè dignitoso e onorevole per la città di Catania”.

“Sembrava una scena di calcio anni ’80’. Sono stati lanciati bengala in mezzo a ultras del Padova ma c’erano anche tifosi, amichetti, bambini di 7-8 anni. Mi sono ripreso un pò con il comunicato emesso dal Catania, sentendomi fiero di seguire il Catania e di essere catanese con quel comunicato perchè è giusto che sia andata in questo modo e non mi aspettavo quel che ha fatto il Catania, tanto di cappello alla società che ha operato così. A Padova c’erano anche Grella, Lodi, l’ex dirigente del Milan Mirabelli, ci facevamo la domanda e me la continuo a fare: perché? C’era un clima di festa. Il mio nipotino ha 11 anni e tifa Catania perchè gli abbiamo spiegato che si tifa Catania, c’è gente di 80 anni che non aveva mai visto una finale del Catania. Sarà anche una Coppa Italia di C e conterà magari poco, ma questi arrestati ce l’avranno avuto un parente che aveva voglia di andarsi a vedere la partita del 2 aprile in maniera pacifica per tifare Catania. Questo non mi spiego”.

“Il ragazzo salta, c’era un solo steward poverino – ricordiamo che ci sono ragazzi che guadagnano 25-30 euro a partita – che è stato probabilmente spintonato e minacciato, lui ha provato ad opporsi e spingere la porta ma a quel punto poi si presentano un centinaio di persone. Non riusciamo a capire il perché. E’ questa la vera domanda. Secondo me è qualcosa di più profondo. Non c’era l’avvisaglia di una cosa del genere. Il calcio italiano guarda il Catania, vede una società e dirigenza forte ma quello sarebbe potuto succedere anche a San Siro, a Empoli, da tutte le parti. La finale era una vetrina della nostra città, quel giorno era l’unico evento sportivo live in Italia. E la finale di ritorno si giocherà senza tifosi. Il Presidente della Lega Pro Matteo Marani mi aveva confidato che sarebbe venuto a premiare la vincente della Coppa Gianfranco Zola, un personaggio tra i più forti della storia del calcio italiano ed era pronto a far festa con i 20mila del ‘Massimino’, indipendentemente dalla squadra vittoriosa. Invece ti ritrovi in questa situazione e fa male”.

“Purtroppo alla fine pagano gli altri. Il mio è quasi uno sfogo, abbiamo vissuto una partita surreale soprattutto nel secondo tempo. Sbaglia chi dice che la colpa è delle curve e del tifo organizzato. Io conosco molti ragazzi che tifano nelle curve e del tifo organizzato, ci sono ragazzi anche con un profondo valore. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, se fosse stata una organizzazione collettiva a Padova sarebbero entrati in campo tutti quanti perchè le porte sono rimaste aperte per 10 minuti. Se sono entrate soltanto 60 persone, è perchè i delinquenti sono 60. Non è giusto generalizzare. Si rovina un pò la percezione della nostra città. Siamo passati dietro le rovine del 2 febbraio, sotto mille ponti e passeremo anche sotto questo. Ma non si può sempre ricostruire. Ci sarà un terremoto che ad un certo punto non darà più la forza di ricostruire. E questo è un piccolo grande terremoto che si è scagliato, sportivamente, intorno alla nostra città”.

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