Da calciatore lo si ricorda per avere onorato sempre la maglia rossazzurra. Il momento più bello vissuto, l’emozionante festa al ritorno da Taranto per il pareggio in finale playoff che valse la promozione del Catania in B nel 2002. Michele Zeoli ha mantenuto sempre un legame viscerale con la piazza, vivendo nuove gioie da allenatore in seconda di Giovanni Ferraro in Serie D. Poi è rimasto nello staff etneo guidando la Primavera, prima di cedere il timone a Marco Biagianti per tornare in prima squadra ricoprendo il ruolo di collaboratore tecnico. Per lui anche una breve esperienza da ‘traghettatore’ precedendo la chiamata di Cristiano Lucarelli, in seguito l’esonero di quest’ultimo affidandogli la panchina del Catania fino al termine della stagione, due anni fa, con la vittoria della Coppa Italia Serie C e la partecipazione ai playoff. Zeoli ha concesso un’intervista ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com.
Catania verso l’aggiudicazione definitiva di Torre del Grifo Village, come valuti quest’opportunità?
“Ormai tutte le squadre si stanno dotando di una propria ‘casa’. Questo penso che sia l’ABC per programmare un futuro importante. Torre del Grifo ricordo che non era solo un centro sportivo per il Catania ma anche altro. Mi piace pensare che si pongano anche basi solide per lo sviluppo del settore giovanile, permettendo ai ragazzi di vivere un calcio diverso. Per i giovani stessi, vedere gli allenamenti dei più grandi può essere stimolante nel loro percorso di crescita”.
Due anni fa la conclusione dell’avventura sulla panchina rossazzurra. C’era stato un momento in cui pensavi che saresti potuto rimanere?
“Nella vita ognuno ha quello che si merita. Non ho mai pensato di restare sulla panchina etnea, salvo miracoli, perchè sapevo quale fosse il mio ruolo. Negli ultimi due mesi mi venne chiesto di ‘traghettare’ la squadra fino al termine del campionato. Parlando anche col vice presidente Grella, sapevo che una volta accettato l’incarico avrei poi lasciato Catania. Magari sarei potuto tornare in Primavera ma sono state fatte altre scelte, oppure far parte dello staff tecnico ma il nuovo allenatore non mi avrebbe accettato. Io sono contento di avere messo un mattoncino, e da quel mattoncino dopo tanti errori arrivare piano piano all’attualità. Facendo tesoro degli errori commessi”.
Come valuti la tua esperienza conclusiva con i colori rossazzurri, dopo avere vissuto questa città a 360 gradi?
“Chi l’avrebbe mai detto che avrei giocato a livelli importanti in rossazzuro e allenato il Catania? Io mi ritengo superfortunato della mia avventura alle pendici dell’Etna. In questa piazza ti ricordano, a volte glorificano, anche per quello che sei riuscito a fare. Ed è il messaggio da mandare ai calciatori attuali. Ma loro credo siano consapevoli che nel momento in cui tu fai qualcosa d’importante per questa città diventi un eroe. Devi metterti anche nei panni dei tifosi. Non è stato facile vincere la D, ma mettevi in preventivo la vittoria del campionato. Tra i professionisti, invece, l’ultima promozione si è verificata nel 2006, prima ancora nel 2002, quando ero giocatore del Catania. Per tanti motivi i festeggiamenti a Catania mancano da tempo. Questo va trasmesso alla squadra. Io ripenso al passato, avrei messo la firma anche solo per partecipare all’aggiunta del mattoncino. Ho fatto parte della rinascita del Catania Calcio dando il mio contributo per questi colori. Adesso devono completare l’opera persone più competenti ed esperte. Vado orgoglioso del mio passato, che non va mai dimenticato, anche per cogliere tanti spunti diversi. Oggi la squadra attraversa un momento importante e vivo il Catania da tifoso”.
A proposito della stagione 2022/23, cosa è mancato a quella squadra per fare il grande salto?
“Ripensandoci, quella era una squadra di giocatori che, presi singolarmente, erano forti, validi. Ma se eravamo arrivati a quella situazione di difficoltà – io subentrai a mister Lucarelli l’8 marzo – significa che nei mesi precedenti non si era costruito quello che forse sto vedendo in questi due anni. Parlo di mettere i tasselli giusti e della cura fondamentale dei dettagli. Forse mancava un legame tra i giocatori, un filo conduttore. Quando ricostruisci un organico da zero è un rischio che puoi correre, prendendo tanti calciatori bravi e mettendoli insieme non è detto che vinci. Nel finale di stagione si era creato qualcosa di diverso perchè sono subentati degli aspetti che in precedenza mancavano. Quell’adrenalina, quell’appartenenza che ti portava a pensare oltre il proprio ego. Forse mi prendo un solo merito, quello di avere avuto la percezione del pericolo. Sapevo che il Catania potesse rischiare la disputa dei playout, non perchè la squadra non fosse tecnicamente all’altezza ma forse emergeva un pò troppa superficialità. E questo non deve mai succedere”.
Ha pagato il Catania le tante partite ravvicinate considerando anche la partecipazione alla Coppa Italia di categoria, poi vinta?
“Quella squadra ha giocato 8 partite in più rispetto agli altri, con tante gare infrasettimanali. Probabilmente faticava a reggere quei ritmi ed i giocatori non hanno capito con lucidità la situazione. Quando abbiamo vinto la Coppa Italia – io sentivo molto la responsabilità – la testa era altrove, poi siamo andati a Francavilla e abbiamo perso. Quando la concentrazione era alta riuscivamo a vincere gare molto impegnative, la squadra accendeva e spegneva la luce continuamente. L’aspetto mentale ha giocato un ruolo fondamentale. Ad un certo punto è emersa la paura generale di disputare i playout e ho visto un cambiamento da parte della squadra. Contro il Benevento è arrivata la certezza di esserci salvati e di spareggiare attraverso i playoff, ma io in quella occasione ero sereno. Lo stadio era pieno, ennesima incredibile dimostrazione d’amore della gente – e sapevo che i calciatori non potevano mai fallire perchè a livello di attenzione ognuno di loro era al corrente dell’importanza di quella gara”.
Domenica si giocherà proprio Catania-Benevento. Scenario completamente diverso, match d’alta classifica.
“E’ un altro scontro diretto. Seguo il Catania e il campionato. E’ presto ma io in questo momento vedo il Catania più mentalizzato delle altre. Merito della società, dello staff tecnico, dei giocatori. Il tifoso catanese vede spesso negatività su certe cose, ma bisogna anche riscontrare tanti lati positivi. Chissà, per esempio, se quel punto tanto bistrattato e criticato a Cerignola sarà positivo per la promozione. Altre squadre dietro stanno facendo il loro campionato, poi però ci sono i numeri. E questi non mentono mai. Se domenica c’era Catania-Salernitana e dietro squadre che vogliono aggrapparsi a quel trenino perdono punti, cominci già a creare delle situazioni per le quali non devi sperare nel passo falso dell’altra squadra. Per me è una sfida a tre per la vetta, Catania-Salernitana-Benevento, ognuna con le sue caratteristiche e modo di vedere il calcio. Alla fine contano i risultati ma, ripeto, per me il Catania è più mentalizzato”.
Quanto contano i dettagli in questo campionato?
“I dettagli saranno fondamentali. Ci sarà chi a gennaio ricorrerà al mercato per migliorare le rose, questo è importante. Prendendo anche giocatori in grado di ricoprire più ruoli, indispensabile nel contesto di una lista dei 23 da rispettare. Tra parentesi al Catania non ne mancano affatto, punterei tanto sulla duttilità di alcuni calciatori. Vedi Lunetta, stimato e ben visto dalla piazza, che al 31 agosto non rientrava in un ipotetico undici titolare ma è un jolly ed ha tolto parecchie castagne dal fuoco in momenti difficili. Bravo il Catania è stato a tenerlo. Magari a gennaio potrebbe essere utile prendere qualcosa di diverso sugli esterni, non sta a me dirlo. La società farà sicuramente scelte funzionali alle proprie esigenze”.
Incide in misura considerevole anche la capacità di lavorare fuori dal campo…
“Sì, avrà la meglio anche chi lavorerà meglio fuori dal campo. Faccio l’esempio recente dello stesso Catania che ha assunto tra le proprie fila Agostino Alessio, massaggiatore top. Uno che ha toccato gambe a gente che ha fatto Champions League e mondiali che io conosco bene ed è un amico. Grella è stato lungimirante. Nel momento in cui sono stati recuperati tanti giocatori da infortuni ad inizio anno ha aggiunto allo staff medico una figura top. Questi dettagli sono determinanti, questa è una grande mossa di cui poco si è parlato. Rappresenta un valore aggiunto sotto tanti aspetti. Per ristabilire da un infortunio un calciatore, magari anzichè aspettare tre settimane ci metti 15 giorni”.
Toscano ha trovato la quadra dopo un momento non semplice?
“Chi va vinto i campionati la scoppola l’ha sempre presa. Noi, l’anno in cui abbiamo avuto la meglio sul Taranto nei playoff, abbiamo perso 5-2 contro la Lodigiani. Catania è una piazza che ti toglie tante energie e può succedere che quei 6-7 giocatori non siano collegati mentalmente. Perdendo a Cosenza e dopo la prestazione di Cerignola, che comunque ha fruttato un punto, il Catania ha preso la scossa. Si è fermato un attimo e adesso vive una situazione ben diversa. Ogni calciatore scelto, poi, possiede caratteristiche ben definite. Se ti presenti con Cicerelli, Forte e Lunetta davanti, sapendo che in panchina hai gente come Jimenez, Caturano, Rolfini, Stoppa e D’Ausilio non è che gli avversari dormono sonni tranquilli. Quest’anno il Catania ha una panchina lunga e di valore assoluto”.
Cosa mi dici di Cicerelli, giocatore che hai avuto nella tua gestione?
“Tocchi il tasto di un calciatore che ho avuto il piacere di allenare. Parliamo di un ragazzo di una sensibilità unica. Nella mia breve parentesi d’allenatore sottolineo un aspetto che mi ha lasciato stupore ed è rimasto impresso nel cuore. Lui fu espulso contro il Giugliano, poi giocò in finale di Coppa Italia segnando il 2-1 col Padova al Massimino. In quel momento è corso verso di me dicendomi «io te lo dovevo, lo meritavi». Si rivolse così con me, che non sono nessuno! Ha sofferto molto l’espulsione nella gara col Giugliano. Quelle parole me le porterò sempre dentro. Ti fanno capire anche lo spessore umano del ragazzo. E’ molto sensibile, va capito. A livello tecnico-tattico dà una disponibilità allucinante, con me ha fatto anche la mezzala mettendosi a disposizione per la piazza, per la città, in un momento delicato perchè non avevamo centrocampisti disponibili. Anche Quaini ha uno spessore umano molto importante. Fra un pò, silenziosamente, arriva a 100 presenze in rossazzurro. Cicerelli ci tiene ad essere decisivo per questa città perchè lo sente. Con noi arrivò dopo mesi d’inattività, dimostrando di avere i colpi ma a livello fisico alla lunga mancava. Però l’ho visto catapultato in questa realtà con un obiettivo che lui porta dentro”.
Quando rivedremo operativo Michele Zeoli?
“Adesso vediamo di rientrare in qualche staff tecnico. Le squadre in C sono 60, significa una palazzina di dieci piani con 6 allenatori per ogni piano. Aggiungiamoci che Coverciano tira fuori allenatori allucinanti. Devi aspettare. Nella vita non sei obbligato ad allenare. Il destino deciderà da quale ruolo ripartirò, ho l’umiltà di aspettare il momento giusto. Sono in contatto con alcuni allenatori che necessitano di nuove figure nello staff. Di chiamate ne ho ricevute, ma non ho fretta”.
Si ringrazia Michele Zeoli per la gentile concessione dell’intervista.
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