STAMPA NAZIONALE – Il Giornale: “Massimino, l’altro vulcano di Catania”

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Il Giornale, quotidiano a diffusione nazionale fondato a Milano nel 1974 da Indro Montanelli, realizza un articolo a firma di Paolo Lazzari sulla figura di Angelo Massimino. Il Presidentissimo viene definito “l’altro vulcano di Catania” e descritto come un “self made man, autoritario, passionale” che “ha amato Catania in modo totalizzante e viscerale”.

“Lì, tra mucchietti di mattoni e quintali di calcestruzzo, si consuma la passione di un gruppo di muratori sospinti da un uomo infuocato: di nome fa Angelo. Il cognome è Massimino – si legge -. Spremere sudore è un vizio di famiglia: è così che sette fratelli fanno avverare circostanze impronosticabili. Da semplice manovalanza a costruttori edili. Catania e la Sicilia intera sono terreno fecondo. L’abbinamento tra calcio e impresa, storia di una chimica vecchia come il mondo, è destinato a divampare”.

“Quando gli spazi iniziano farsi più angusti in patria, lui emigra in Argentina. È il 3 gennaio del ’49 e con sé porta anche la moglie Graziella Codiglione: se ne era invaghito quando lei aveva soltanto sedici anni e, vincendo la naturale ritrosia della famiglia, era riuscito a sposarla. Per il Sudamerica salpa anche con la figlia piccola, perché la famiglia unita è un altro cardine ineludibile del suo personale manifesto. Ai confini della Pampa resterà soltanto per due anni. Abbastanza, comunque, per tessere proficue relazioni commerciali e tornare in patria con il petto più gonfio di prima. Il sogno autentico però non ha a che fare con le costruzioni. Si chiama, piuttosto, Catania calcio”.

“Con lui al timone il Catania alterna campionati esaltanti a momenti rivedibili – si legge ancora -. Nel 1983 riconquista la Serie A, ma la stagione successiva pare la sceneggiatura di un horror: soltanto una vittoria in trenta partite, malgrado i verdeoro Luvanor e Pedrinho, misti all’estro di un giovanissimo Andrea Carnevale. Massimino si dimette nel 1987, ma torna di nuovo dal 1992 al 1996, l’anno della sua tragica scomparsa in un incidente stradale. Il vecchio Cibali oggi porta il suo nome”.

“Il catino rossazzurro è ancora punteggiato di striscioni che inneggiano alle sue gesta. Presidentissimo e dunque, come ogni esponente della categoria, sovrano che si spinge ai limiti del despotismo. Divisorio in vita, beatificato dal tifo catanese al momento della sua improvvisa dipartita. Ha amato Catania di una passione viscerale, magmatica”.

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