FUTURO CATANIA: Pagliara e quel campanello d’allarme già suonato lo scorso anno…

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Fabio Pagliara e Maurizio Pellegrino sono stati i fautori del progetto Sigi. Dalla nascita del Comitato alla costituzione di una vera e propria SpA che rilevasse il Calcio Catania, effettuando il salvataggio della matricola 11700. Un’impresa disperata, quella risalente allo scorso anno con un Catania che pareva ormai avviato verso il fallimento visto la montagna debitoria da scalare. Si è parlato spesso di atto eroico da parte dei componenti Sigi, inizialmente una decina e, poi, incrementati fino al raggiungimento del numero di 24 soci. Ad un certo punto, però, lo stesso Pagliara – pur elogiando l’attuale proprietà per gli sforzi economici e l’impegno profuso – ebbe modo di segnalare qualcosa che non andava e, non a caso, non entrò in Sigi.

Ripercorrendo suoi interventi a mezzo stampa risalenti allo scorso anno, notiamo come, innanzitutto, l’idea di un azionariato diffuso con la prospettiva che diventasse popolare e la possibilità di aprire a fondi esteri per il futuro non si è concretizzata. Il piano d’investimento iniziale aveva un valore complessivo di 54.5 milioni di euro, cifra che avrebbe coperto la massa debitoria del Calcio Catania verso l’erario, i creditori e l’intero asset di Torre del Grifo. Un’offerta attraverso cui gettare le basi in una prospettiva di innovazione, marketing territoriale, internazionalizzazione. Con l’intento di salvare matricola e posti di lavoro, rispettando le legittime pretese dei creditori, assumendo nei confronti di quest’ultimi l’obbligo di restituire il tutto entro cinque anni. Poi, in realtà, furono accertati debiti superiori di ben 10 milioni e lo sviluppo di un progetto che avesse da un lato una visione internazionale, dall’altro un radicamento sul territorio rimase il sogno irrealizzato di Pagliara.

“Da catanesi prima di tutto dobbiamo ricordarci lo sforzo immenso ed il cuore di queste persone, da Nicolosi a chi ha messo molto meno – disse – Una società del genere per poter andare avanti ha bisogno di una grande professionalità e di una filiera di comando abbastanza chiara. Il progetto da questo punto di vista ha altre esigenze adesso. Sul piano della struttura societaria le aree e responsabilità di lavoro credo debbano essere poste in maniera diversa. Se mi dicessero di lavorare in una situazione che non tiene conto di un programma lungo, strutturato ed innovativo la faccia non la metterei. Perché lavorerei male io e farei lavorare male le persone. Non potrà mai funzionare un lavoro a qualcosa in cui non si crede”. E Pagliara, preferì non andare oltre anche a causa del mancato sviluppo del piano industriale a cui faceva riferimento, segnalando evidentemente il rischio che, al termine della stagione, si arrivasse allo scenario attuale. Uno scenario con tanti dubbi e poche certezze, ma che si cercherà in qualche modo di rendere idoneo agli obiettivi e le ambizioni di una piazza che, dopo tanti anni di Lega Pro, deve assolutamente vivere un rilancio sportivo.

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