ESCLUSIVA – Stampa locale, Lo Porto: “Sigi, non un silenzio d’oro ma vicino alla rassegnazione. Grande errore illudere Tacopina”

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Il collega del Giornale di Sicilia Daniele Lo Porto è intervenuto nel corso della trasmissione Città Rossazzurra (appuntamento dal lunedì al venerdì ore 19/20), su Radio Antenna Uno in collaborazione con TuttoCalcioCatania.com per commentare le vicissitudini societarie etnee:

Situazione sempre più incerta in casa Catania con il caso Word Service ed una ricapitalizzazione purtoppo ancora non avvenuta.
“Arturo Magni credo vanti un credito di circa un milione e 200mila euro, cifra più cifra meno, con la vecchia gestione. Probabilmente in questi ultimi mesi è aumentato e non ci sono prospettive rosee all’orizzonte. Un ulteriore segnale grave della situazione che fa riflettere tanto, fra l’altro la sua azienda ha sostenuto il Catania fin dalla primissima gestione Pulvirenti-Lo Monaco. C’era stato un addio, poi un arrivederci e adesso una rottura. Credo che la situazione stia precipitando con la minaccia di portare i registri in Tribunale, la PEC inviata ai soci per provare a smuovere le acque torbide, stagnanti da fin troppo tempo. Servono soldi e non chiacchiere. Tanti soldi perchè ci sono stipendi da pagare e altre scadenze. In mancanza di queste prospettive credo che l’alternativa sia portare i libri contabili in Tribunale, decisione che potrebbe essere coraggiosa ma anche tardiva”. 

Angelo Maugeri ha dichiarato a mezzo stampa che ci fossero dei dissidi e che, da socio, non gli era stato comunicato chi fosse interessato ad investire su Torre del Grifo…
“Questa compagine della Sigi fin dall’inizio è sembrata una banda stonata dove ognuno suona un proprio strumento secondo l’estro, la fantasia, l’umore del momento. Ricordiamo tutto il peggio che è stato fatto in occasione della trattativa con Tacopina, la guerra di comunicati. Si era detto che Tacopina non avesse soldi per comprare gli arancini ed in due mesi ha rilevato la SPAL. Sicuramente il direttore d’orchestra, se c’è, non gestisce in modo adeguato i suoi orchestrali. Speriamo che arrivi Babbo Natale prima della scadenza canonica della notte tra il 24 e 25 dicembre con un sacco pieno di soldi, oppure forse a Natale il panettone tifosi del Catania e addetti ai lavori non riusciremo a mangiarlo”.

Si dice che il silenzio è d’oro. Il silenzio della Sigi dobbiamo leggerlo in questi termini oppure è un segnale di buio pesto?
“Il traghetto è partito, si è sbagliato il molo ed è finita con la Sigi che si è trovata a gestire qualcosa di enormemente grande e ben al di sopra delle sue portate. La consistenza dei magnifici 24 soci della Sigi fin dal primo momento non era sembrata capace di affrontare la situazione in termini economici e vorrei dire, senza offesa per nessuno, anche in termini di comprovata professionalità nel contesto di una società che adesso forse ha più di 60 milioni di debiti. Il silenzio in questo caso non è d’oro ma molto vicino alla rassegnazione. Non dimentichiamoci che ci sono i riflettori della Guardia di Finanza sul Calcio Catania, su Torre del Grifo, sulla Sigi. C’è il Tribunale fallimentare che forse è stato molto disponibile in quel famoso caldo luglio del 2020 e adesso, di fronte anche ad una comunicazione ufficiale del Collegio dei sindaci, deve nuovamente alzare la guardia. Il Calcio Catania è un’azienda che può avere anche una rilevanza sociale ma soprattutto ha i vincoli di una SpA che deve avere una gestione sana, oculata e redditizia in grado di garantire anche un futuro e mi sembra che il futuro è già messo in discussione dal 17 novembre in poi, se non prima. Dal punto di vista sportivo che ci siano splendidi ragazzi in campo e poi quello che fanno viene penalizzato dalle sanzioni amministrative per il mancato rispetto delle scadenze federali non credo sia un bel modo di andare avanti. Qualche decisione coraggiosa andava presa probabilmente a maggio”.

Qual è stato l’errore più grande di Sigi?
“L’illusione per Tacopina che si potesse chiudere in quattro e quattr’otto la vicenda con l’Agenzia delle Entrate e del Comune di Mascalucia. Con quest’ultimo ente si è ottenuta una dilazione di vent’anni del debito che non poteva essere scontato di un euro. Con l’Agenzia delle Entrate la pratica è stata insabbiata a Palermo ma uscirà fuori fra non molto. L’arroganza di chiedere un sconto all’Agenzia delle Entrate si è scontrata con l’immediata richiesta del sequestro conservativo per somme che non erano state versate in anni non lontanissimi. L’errore maggiore è stato avere illuso Tacopina che sarebbe finita a tarallucci e vino”.

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