ESCLUSIVA – Mosca: “Catania, stai realizzando un’impresa. Il nostro fu un miracolo. Catanesi, avete fatto innamorare Pelligra”

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Giuseppe Mosca

13 maggio 1995. Il Catania vinse 3-0 a Gangi tornando tra i professionisti. Dopo mesi di tensione il popolo rossazzurro potette tirare un sospiro di sollievo, grazie ad un gruppo di uomini veri capaci di lottare su qualsiasi terreno di gioco. Tra questi il bomber Giuseppe Mosca, entrato nel tabellino dei marcatori praticamente ovunque abbia giocato e grande protagonista con la maglia del Catania.

Lo abbiamo sentito per ricordare la vittoriosa trasferta di Gangi, proprio adesso che la città si appresta a festeggiare una nuova vittoria di un campionato di Serie D a distanza di 28 anni da allora. Spazio anche ad alcune considerazioni sul Catania di oggi e le ambizioni del Gruppo Pelligra:

Per il Catania si avvicina il momento di vincere il campionato di Serie D, 28 anni dopo il trionfo di Gangi…
“I campi e gli avversari allora erano diversi. Non vivevamo nell’oro come il Catania di oggi. Era forte la squadra ma eravamo contati, 13-14 giocatori. Nel Catania attuale ci sono 30 calciatori di C. Io feci un terzo dei gol di tutta la squadra, tutti decisivi. Quest’anno segnano tutti. Fu un’impresa. La squadra partì male con mister Mosti, poi ci fu un ribaltamento cambiando diversi giocatori e allenatore, da lì iniziammo la rincorsa. Ma quel cammino non è paragonabile a quello del Catania di Ferraro, che è una corazzata sotto tutti i punti di vista con una proprietà che farebbe la sua figura in Serie A e possiede risorse illimitate. La società non ha badato a spese per quanto concerne il parco giocatori e lo staff. L’allenatore ha fatto un grande lavoro perchè a Catania non è semplice lavorare. Adesso si gode il momento, ha sostenuto un grande lavoro anche quando magari la squadra non esprimeva un grande calcio e veniva ingiustamente criticato. Grandissimo lavoro di Ferraro anche sul piano della gestione del gruppo, pieno di prime donne”.

Che effetto ti fa sapere che ancora oggi quel gruppo continui ad essere ricordato dal popolo rossazzurro?
“Sono orgoglioso, onorato. Settimana scorsa hanno battuto il nostro record di vittorie consecutive. Mi rendo anche conto della grandezza di quanto fatto da noi. Dieci vittorie sono un’eternità. I record sono fatti per essere battuti, quell’anno abbiamo scritto la storia. Io feci 19 gol da novembre, questo mi fa sentire ancora più orgoglioso di quello che ho fatto. Non era facile, allora sul campo erano calci e pugni. Questi risultati grandiosi del Catania valorizzano ancora di più il nostro percorso. Massimino dal niente ripartì dopo il ripescaggio. Un presidente-tifoso, figura che oggi non c’è più. Ci rimetteva per passione. Anche contro la federazione ed il Comune andò avanti, ha avuto la fortuna di trovare un grande gruppo di ragazzi pronti a lottare in campo. Ho ancora davanti agli occhi il portiere Riccetelli, che fece tanti anni di B e C, buttarsi su quei campi in cemento armato con le borsiti, con dolori, la gommapiuma infilata nei pantaloncini per allenarsi. Ma i tifosi ci facevano sentire importanti, da Serie A, per come eravamo trattati e considerati. Sacrifici ne abbiamo fatti tanti, contraccambiati dalla passione di una grande tifoseria”.

Beppe, racconta i tratti salienti di quella splendida cavalcata.
“Noi abbiamo realizzato un miracolo sotto tutti i punti di vista. Massimino non ci faceva mancare gli stipendi, era sempre puntuale con i pagamenti. Alle spalle avevamo una tifoseria, ma non una città. Il Comune non era ai nostri piedi, ha favorito in tutto e per tutto l’Atletico Catania volendo eliminare la creatura di Massimino. Allo stadio c’erano 20mila persone con noi, quando giocava l’Atletico, in C, non più di 2mila. Ma il cuore del Catania pulsava e pulsa ancora. Noi non abbiamo vinto un campionato, ma quattro campionati messi insieme. Eravamo senza campo d’allenamento, ho ancora davanti agli occhi il magazziniere che girava sullo scooter con un borsone sopra contenente la roba degli allenamenti. Noi avevamo le borse d’allenamento nella macchina. Il giorno dopo non sapevamo dove allenarci, i campi erano delle strutture fatiscenti. Oggi dico ancora grazie ai miei compagni per avere tenuto duro facendo gruppo insieme al mister Busetta, a Dispinzieri, a Nino Fleres che lavava la roba a casa. La gestione era molto fai da te. Oggi i campi non sono in terra battuta, almeno li trovi in sintetico. Allora era un casino, trovavi campi dove ti aspettavano anche con le brutte, tutti attendevano la guerriglia, volevano creare problemi al Catania. Avevamo una rosa ristretta con molti giocatori spremuti, io giocai con una frattura al piede per due mesi. Eravamo quelli, infortunati o meno. Con la forza di un gruppo granitico. Poi la vittoria ce la gustammo ancora di più. Ci fu un mese di festa a Catania. Immagino come sarà adesso per questo gruppo splendido. Sono felice per Catania ed i catanesi. Grande città e tifoseria, hanno fatto innamorare un presidente che ha investito nel posto giusto. Catania è una città che sa criticare ma sa anche amare tanto”.

Ross Pelligra ti sembra un imprenditore dal cuore rossazzurro?
“Inizialmente Pelligra ha preso la squadra perchè ha visto che c’è tanto da fare anche a livello imprenditoriale, ma poi ho visto nella faccia, negli occhi suoi, del fratello e del proprio entourage più stretto la passione di chi è stato trascinato dall’affetto della gente. Io conosco l’ambiente, ti fanno sentire come un re. Ha investito su Catania per il bacino d’utenza, per il territorio, ed è normale questo. Che lui abbia interessi imprenditoriali è un discorso, se poi ci mette passione che ben venga. Io in lui ho riscontrato questa passione, non mi sembra un tipo con la puzza sotto il naso, anzi. Ha fatto bingo il Catania con Ross Pelligra, e i tifosi sono al settimo cielo. Si è creato con lui un feeling particolare dopo che la città ha toccato il fondo. Pelligra ha sangue siculo, si è affezionato e ci tiene. Mette anima e cuore, i tifosi hanno capito che è qualcosa che va oltre l’imprenditore. Speriamo che questo binomio città-Pelligra (inizialmente non previsto) vada avanti così, con il Comune che gli dia un a mano per migliorare le strutture. Catania è una grandissima piazza. Se ci sta il Sassuolo in Serie A, perchè non il Catania e, magari, partecipando alle competizioni europee? Catania merita un palcoscenico ben diverso da quello attuale”.

In conclusione, quelle realizzate dal Catania 28 anni fa e adesso restano due imprese memorabili.
“Quando si vince è sempre bello. Io facevo parte di un calcio casereccio. I numeri di questa impresa del Catania parlano chiaro. Campionato straordinario. Questa è una squadra di giocatori di categoria superiore, sono scesi in D senza snobbare niente. Altrimenti non avrebbero mai e poi mai potuto realizzare questi risultati. Si sono calati nella situazione, hanno capito l’importanza di ritornare nel professionismo. Tu non vinci coi nomi, ma con il lavoro, la compattezza. La squadra si costruisce con l’amalgama anche fuori dal campo. L’allenatore, il direttore sportivo, il vice presidente, il team manager e lo staff sono stati un tutt’uno. Tanto di cappello al presidente per la scelta dei tasselli giusti. Speriamo che si possa proseguire la scalata riportando Catania dove merita”.

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