BIAGIANTI: “Ho ancora rammarico per l’Europa sfiorata. Morimoto ed il suo amore per l’aglio. Sarebbe il mio sogno allenare il Catania”

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L’ex capitano del Catania Marco Biagianti ha ripercorso la sua carriera ai Panini Studios on the Road durante la tappa catanese. Riportiamo di seguito le parti salienti che fanno riferimento alla lunga esperienza in rossazzurro di Biagianti:

“Sono contento del percorso che mi ha portato a Catania. Ormai qui tutti mi conoscono, sanno il mio modo di pensare anche in termini di dedizione e passione per il lavoro, attaccamento alla maglia. Attraverso queste basi sono riuscito a realizzare il mio sogno di arrivare a giocare in Serie A. Ho costruito una bellissima carriera a Catania. Salto dalla C2 alla A? L’impatto con la Serie A lo sentivo. Provenivo dalla Pro Vasto, il Catania era quinto in classifica in Serie A, avvertii subito l’impatto generale con lo stadio e la passione enorme della gente. I ritmi in campo e agli allenamenti erano completamente diversi. Da lì ho cominciato a scrivere pagine importanti di storia in questa città. Ero giovane, mi misi a disposizione della squadra giocando 2 minuti a Lecce con la Roma e poi scesi in campo per disputare lo scontro salvezza importante a Bologna”.

“I miei primi tre gol in Serie A? Ricordo una stagione travagliata, le aspettative iniziali erano altre. E’ stata difficile fino all’arrivo di Mihajlovic che ha completamente cambiato la nostra mentalità. Eravamo ultimi al suo arrivo, in Serie A non è facile recuperare punti ma Mihajlovic ed il suo staff stravolsero la mentalità del Catania vincendo gare per noi impensabili come a Torino contro la Juventus oppure al cospetto dell’Inter del ‘triplete’. Tuttora ricordo con entusiasmo quella partita pazzesca con l’Inter, una delle più belle pagine scritte con la maglia del Catania battendo 3-1 una squadra di mostri. Noi stavamo risalendo la china, capivamo che avremmo potuto fare anche l’impossibile sconfiggendo squadre sulla carta più forti. Era venerdì, sotto la pioggia perdevamo 1-0 ma poi accadde il miracolo. Quando capita cerco i video di quella gara su Youtube e mi emoziono nel rivedere le immagini, nel sentire il boato del ‘Massimino’. Un’emozione forte”.             

Baiocco mi ha aiutato tanto, cercavo di rubare i dettagli dai più esperti anche nel corso degli allenamenti, cito pure Mascara, Pantanelli. C’era un gruppo davvero speciale, io arrivando dalla C2 mi dovevo ambientare e loro mi presero sotto la propria ala facendomi crescere. Che ricordo conservo di Mihajlovic? E’ dura (si emoziona rimanendo per qualche istante in silenzio, ndr)… bellissimo rapporto dentro al campo, ci fece svoltare a livello tecnico ma soprattutto mentale per la grinta che seppe trasmetterci in un momento difficile. Non dava tantissima confidenza ma quando faceva la battuta ti dava una carezza, una pacca sulle spalle, sentivi la forza e l’affetto di un bravissimo allenatore oltre che di una bravissima persona. Sotto tuttora legato a lui anche perchè poi ho avuto piccoli episodi personali, bellissimi ricordi”.             

“Simeone? Quei tempi per me furono complicati per via di problemi fisici. Feci un’operazione al ginocchio, ebbi delle complicazioni e stavo recuperando dall’infortunio ma ho vissuto la squadra. In quegli anni complicati ci salvavamo sempre nelle ultime giornate di campionato e anche lui è stato un allenatore che ha trasmesso tantissimo al Catania. Io giocai le ultime due partite della gestione Simeone a Brescia, gara importantissima in chiave salvezza, e poi con la Roma in casa. Molto carismatico, Simeone. All’Atletico Madrid, poi, è cresciuto tantissimo come allenatore. Il modo di giocare a Catania era diverso da oggi. A Brescia mi sentì dire che nel campionato successivo sarei stato io il capitano del Catania, allora mi bloccai un attimo perché ero ancora giovane ma andò proprio così, diventai il capitano più giovane della Serie A. C’era una certa responsabilità rappresentando questa bellissima maglia che mi ha fatto crescere, ho concluso la mia carriera da capitano a Catania e la fascia al braccio è stata un orgoglio. Il capitano deve essere una figura ben vista un pò da tutti, ma bisogna essere un po’ tutti capitani in un gruppo avendo la stessa energia, la stessa testa, facendo quella corsa in più e giocando per la maglia. Bisogna avere la testa giusta, in primis, per raggiungere gli obiettivi”.         

“Record di punti in Serie A? Nel 2012/13 conservo il ricordo di una bellissima annata. Ogni anno facevamo sempre meglio, si era creato questo legame con la città e con il gruppo a cui ogni anno venivano aggiunti 2-3 giocatori in mezzo a tanti argentini. Si era creato un gruppo perfetto in quel momento dopo una costruzione negli anni passati, attraversando anche momenti difficili tra argentini e italiani ma siamo riusciti a creare un gruppo speciale e insieme a Maran andammo molto vicini all’Europa. Il rammarico c’è per non averla raggiunta perché fu un anno bellissimo quello, c’erano tanti campioni che poi hanno fatto la differenza in altre squadre. Pesò la sconfitta in casa contro l’Inter, vincevamo 2-0 ma poi nel secondo tempo perdemmo 2-3 e quello è un rammarico che rimane perchè ci poteva far fare un grande salto per la squadra, la città e la società che meritavano un traguardo così importante”.

“Morimoto? Siamo stati compagni di stanza per tanti anni. Ragazzo troppo divertente. In camera quando arrivavo io, lui amava l’aglio ed è stato molto pericoloso perchè sentivo una puzza incredibile in camera. Gli dicevo «Mori hai rotto, basta». Per caricarsi prima della partita la domenica cantava Pavarotti, aveva le cuffie e urlava «Vincerò!». Grandissimo compagno di squadra, forte, completo, poteva fare molto di più in carriera. E’ stato sfortunato a causa dei tanti infortuni”.             

“Quando andai via da Catania lo feci controvoglia perchè dopo tanti anni che ti leghi ad una città ed hai voglia di raggiungere obiettivi con quella maglia cambiare non è facile, mi trasferì a Livorno dando il meglio di me stesso ma volevo tornare a Catania, al di là della categoria, e feci proprio ritorno alle pendici dell’Etna. Furono anni impegnativi sfiorando la promozione in Serie B, non ci siamo riusciti. In seguito le stagioni si rivelarono ancora più complicate a livello societario ma gli anni di C mi hanno legato ancora di più a questa gente facendomi capire tante altre cose. Messaggio ai tifosi? Dico loro di non mollare. La passione c’è sempre stata da parte dei tifosi rossazzurri, lo hanno dimostrato anche quest’anno con tantissimi abbonati in C e numeri notevoli sugli spalti. Il campionato di C è complicato, il Catania sta facendo fatica ma bisogna essere fiduciosi e crederci sempre. Intanto mi auguro il prima possibile che il Catania torni in Serie B, traguardo minimo per una piazza che merita la Serie A”.   

“Oggi alleno la Primavera, lo scorso anno ho fatto il Team Manager a Catania e non lo consiglio a nessuno perchè è un ruolo molto difficile e complicato. Avevo preso il patentino Uefa B per allenare durante il Covid, poi con il cambio di società si complicò la mia permanenza nel Catania vedendo scombinati i miei piani. Feci un percorso diverso che, comunque, mi ha riportato sotto l’Etna per poi lo scorso mese di agosto allenare l’Under 17 Nazionale. Da dicembre guido i ragazzi della Primavera e sono molto felice di farlo. Quando smetti di giocare dopo tanti anni non è semplice riuscire a trovare la strada giusta. Adesso posso dire di esserci riuscito perché allenatore è il mio futuro, mi piace. Avevo bisogno di responsabilità e farlo nuovamente in una squadra che rappresenta il Catania per me è bellissimo. Adesso devo maturare esperienza, chiaramente inseguo degli obiettivi. Allenare il Catania? E’ il mio sogno, d’altronde si vive anche di sogni ed obiettivi”.

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