EX ROSSAZZURRI – Spinesi: “Catania seconda casa. De Zerbi malato di calcio. Quel gol al Milan mi fa venire ancora i brividi…”

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2016
Gionatha Spinesi

L’ex attaccante del Catania Gionatha Spinesi, ai microfoni di fanpage.it, commenta in particolare i trascorsi con mister Pasquale Marino e Roberto De Zerbi, soffermandosi in particolare sull’importanza di un gol messo a segno in maglia rossazzurra:

“C’era un allenatore non conosciuto ma del quale tutti quanti mi parlavano bene per le sue idee di calcio e così accettai. Quest’allenatore era Pasquale Marino. Ad Arezzo arrivarono Del Core, Robertino De Zerbi e tanti altri… ed è stato uno degli anni più belli perché, al di là della salvezza ottenuta, mi sono divertito a giocare a calcio. Era uno spettacolo, facevamo un calcio divertente con una squadra che si basava su un mix di esperti, giovani e alcuni novelli per la B”.

“Poi il trasferimento in blocco a Catania? Sì, diciamo che Marino ha firmato prima e io mi sono fatto attendere un po’ di più, ma avevamo un rapporto talmente bello che lui mi chiamava a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno. Un giorno mi fece parlare a telefono con Pietro Lo Monaco e mi chiese di andare lì per parlare del progetto che avevano in mente. Per me Catania è diventata la seconda casa”.

De Zerbi? Roberto è malato di calcio. Ad Arezzo e Catania abbiamo vissuto insieme una bellissima esperienza e le nostre famiglie si frequentavano in maniera costante. Siamo molto amici. Comunque sì, era evidente che avesse qualcosa in più perché si faceva mandare le partite registrate, ne guardava due o tre la mattina, ritornava dall’allenamento e ne vedeva due la sera: esponeva dei concetti di calcio anche nello spogliatoio, ma nessuno lo capiva. Gli dicevo ‘Roberto ma te parli arabo, non capiscono quello che te dici… le giocate, le uscite, non ti capiscono’. Alla fine stava parlando del futuro del calcio”.

“Il gol più bello e quello più significativo in carriera? Domanda sempre difficile, ma quello fatto col Catania al Milan sul campo neutro di Bologna forse racchiude entrambe le cose. Un tiro al volo bello per coordinazione e precisione, ma mentre giocavo stavo scoppiando dentro. Pochi giorni prima era nata mia figlia e c’erano state delle complicazioni. Io ero stato con lei e mia moglie fino al venerdì, ma il sabato sono andato in ritiro. La curavano e riceveva tutte le attenzioni, ma chi è genitore può capire cosa ho provato in quei momenti. I dottori mi dissero che quello era il posto più sicuro per lei e che io potevo andare. Naturalmente la mia mente era sempre lì. Giocavamo di domenica, misi la sveglia ogni due ore per chiamare l’ospedale per chiedere informazioni al primario di turno. Mi addormentavo, mettevo la sveglia alle due e lo chiamavo, mettevo la sveglia alle quattro e lo richiamavo. La cosa incredibile è che la bimba si svegliò nel momento in cui io feci gol e ancora oggi mi vengono i brividi. Quando esultai guardai il cielo e mi feci il segno della croce perché pensavo a lei, ma io non potevo sapere cosa era appena successo. Ecco perché questo è il gol più bello per me”.

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