Tre anni (tra non molto). Tanto è passato da quando Ross Pelligra ha raccolto le chiavi del nuovo Catania, riportando entusiasmo in una piazza ferita dalla cancellazione e dalla scomparsa del club storico. Tre anni vissuti intensamente, tra investimenti, sogni, cadute e la costante speranza di una rinascita vera, non solo simbolica. Oggi, mentre si apre un nuovo ciclo e si chiude un altro anno di delusione sportiva, è tempo di una prima riflessione sul percorso del patron australiano.
Il primo dato oggettivo è quello economico: Pelligra ha speso. Tanto. Dalla vittoria della Serie D, conquistata al primo tentativo con una squadra nettamente superiore alla categoria, alle due stagioni in Serie C dove, seppur con differenti strategie e profili dirigenziali, non si è riusciti a centrare l’obiettivo dichiarato: la promozione in Serie B. Tra monte ingaggi, operazioni di mercato, staff tecnico, settore giovanile e costi generali di gestione, il Catania ha potuto contare su risorse ingenti, che nella categoria hanno pochi eguali. A queste si aggiunge l’attenzione alle strutture: è stata presentata una proposta per la riattivazione del centro sportivo di Torre del Grifo, oggi ancora in una fase di attesa, mentre lo stadio Massimino è stato oggetto di alcune migliorie.
Tuttavia, a fronte di una spinta economica significativa, il cammino sportivo è stato finora tortuoso. Dopo il primo anno trionfale in Serie D, che ha illuso una piazza intera circa la possibilità di una risalita immediata, sono seguite due stagioni in Serie C con tante ombre. Allenatori cambiati in corsa, squadre costruite con ambizioni da vertice ma mai realmente competitive fino in fondo, errori di valutazione tecnica, blocchi mentali nei momenti chiave. Il secondo anno, in particolare, doveva rappresentare il punto di svolta, e invece ha finito per acuire i dubbi sul progetto. Gli errori non sono mancati, anche e soprattutto nella gestione del quotidiano e nelle scelte strategiche. Senza dimenticare il blocco del mercato e il caso fideiussione.
Per questo, oggi più che mai, una svolta è necessaria. Non più solo auspicata o percepita. La proprietà deve rafforzare la dirigenza con figure di maggiore esperienza e visione. Dopo una fase iniziale forse troppo legata all’entusiasmo e alla gratitudine per chi aveva reso possibile la rinascita, si è compreso che per fare il salto serve un’organizzazione all’altezza della storia e delle ambizioni del Catania. Il tempo della transizione deve chiudersi qui.
Il giudizio, inevitabilmente, resta sospeso. Sul campo, due occasioni sono state sprecate e la Serie C si è rivelata ben più dura di quanto si pensasse. L’illusione del primo anno ha fatto da contraltare alla disillusione degli ultimi mesi. Adesso si apre un nuovo ciclo. E sarà il campo, come sempre, a parlare. Ma il tempo delle attenuanti è finito: il Catania deve iniziare a vincere davvero.
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